Sintesi
Dopo la debole crescita registrata nel secondo trimestre del 2019, gli indicatori congiunturali recenti suggeriscono che la ripresa prevista per la seconda metà dell’anno nel precedente esercizio di proiezione sarà ritardata. Gli indicatori del clima economico hanno continuato a peggiorare negli ultimi mesi, in particolare nell’industria. Ciò riflette l’attuale debolezza del commercio mondiale in un contesto di perduranti incertezze a livello internazionale riguardanti ad esempio un aumento del protezionismo, un potenziale rallentamento più pronunciato in Cina e una Brexit disordinata. Questi fattori incidono negativamente sulle aspettative delle imprese nel settore manifatturiero e ci si attende che continuino a pesare sull’attività nell’area dell’euro nel breve periodo. Al tempo stesso il clima di fiducia nei settori dei servizi orientati verso l’interno e delle costruzioni, assieme a quello dei consumatori, evidenzia ancora una maggiore capacità di tenuta, mentre la situazione nei mercati del lavoro ha continuato a migliorare. Lo scenario di base è subordinato all’ipotesi tecnica di tassi di interesse considerevolmente inferiori di riflesso alle aspettative di mercato, all’ipotesi di una Brexit ordinata e a un lieve allentamento delle politiche di bilancio, che dovrebbero nell’insieme favorire il ritorno al profilo di crescita a medio termine previsto nelle proiezioni dello scorso giugno. In aggiunta, dopo avere toccato livelli molto bassi nel 2019, la domanda esterna dovrebbe recuperare e fornire un impulso all’attività nel resto dell’orizzonte temporale considerato. Si prevede complessivamente che la crescita del PIL in termini reali sia pari all’1,1% nel 2019 e che poi aumenti gradualmente fino a raggiungere l’1,4% nel 2021. Rispetto all’esercizio previsivo di giugno 2019, le prospettive a breve termine si sono deteriorate per l’indebolimento degli indicatori del clima di fiducia e le perduranti incertezze su scala internazionale; ciò ha determinato per il 2019 e il 2020 revisioni al ribasso, che per il 2020 sono principalmente riconducibili a effetti di trascinamento. Oltre il breve periodo l’impatto degli shock esterni negativi è sostanzialmente compensato da quello delle più favorevoli condizioni di finanziamento e dei ribassi delle quotazioni petrolifere.
L’inflazione misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) dovrebbe moderarsi quest’anno e rimanere contenuta in quello successivo, per poi recuperare portandosi all’1,5% nel 2021. Il tasso calcolato al netto dell’energia e dei beni alimentari aumenterà lievemente entro la fine del 2019 e non evidenzierà alcuna tendenza significativa nel corso del 2020, per poi rafforzarsi nel 2021 grazie all’atteso recupero dell’attività e alla connessa ripresa dei margini di profitto in un contesto in cui gli aumenti passati del costo del lavoro si trasmettono ai prezzi. In confronto alle proiezioni di giugno, l’inflazione misurata sullo IAPC è stata corretta al ribasso; ciò è dovuto in larga parte alla componente energetica, che è stata oggetto di una considerevole revisione verso il basso sia per il 2019 sia per il 2020 a causa del calo dei corsi petroliferi. Anche il tasso calcolato escludendo energia e beni alimentari subisce una correzione al ribasso riflettendo i dati più modesti, l’indebolimento dell’attività, gli effetti indiretti della diminuzione dei prezzi dell’energia e le persistenti sovrastime precedenti[1].
1 Economia reale
La crescita del PIL in termini reali nell’area dell’euro è scesa allo 0,2% nel secondo trimestre del 2019, in presenza di un forte rallentamento delle esportazioni (cfr. grafico 1). Nel secondo trimestre il tasso di incremento del PIL è stato in linea con quello previsto nelle proiezioni di giugno 2019. Malgrado la lieve decelerazione registrata nel secondo trimestre, la domanda interna ha continuato a costituire la determinante principale della crescita, mentre il commercio netto è passato a fornire un contributo negativo.
Grafico 1
PIL in termini reali dell’area dell’euro
Gli indicatori congiunturali segnalano una crescita debole nella seconda metà del 2019. L’indice di fiducia (Economic Sentiment Indicator) elaborato dalla Commissione europea ha continuato a diminuire negli ultimi mesi per effetto della componente relativa al settore manifatturiero, che è scesa ulteriormente portandosi al di sotto della propria media di più lungo periodo. Ciò sembra rispecchiare la perdurante debolezza dell’interscambio globale e l’impatto delle incertezze su scala mondiale connesse in particolare alle controversie commerciali internazionali, alla possibilità di una Brexit senza accordo e ai rischi di un rallentamento più pronunciato in Cina. Il clima di fiducia nei settori dei servizi più orientati verso l’interno e delle costruzioni, assieme a quello dei consumatori, ha continuato per contro a mostrare una maggiore capacità di tenuta nonostante il lieve calo di agosto. Gli ultimi andamenti degli indici dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Indices) confermano questa evoluzione divergente tra settori. Gli indicatori più recenti suggeriscono nell’insieme che l’andamento debole della crescita osservato nel secondo trimestre proseguirà nella seconda metà del 2019 per effetto del contributo negativo fornito dal commercio netto, mentre la domanda interna dovrebbe continuare a evidenziare una relativa capacità di tenuta.
Nel medio periodo lo scenario di base ipotizza che le circostanze sfavorevoli a livello mondiale vengano gradualmente meno, consentendo ai fattori fondamentali a sostegno dell’espansione nell’area dell’euro di tornare a rafforzarsi (cfr. tavola 1). Lo scenario di base assume in particolare un’uscita ordinata del Regno Unito dall’Unione europea e l’assenza di ulteriori misure protezionistiche (in aggiunta a quelle già annunciate), il che riduce altresì la probabilità di un rallentamento pronunciato in Cina. Pertanto, l’attuale livello di incertezza diminuirà gradualmente e questo consentirà ai fattori fondamentali a sostegno della crescita di tornare a rafforzarsi. L’orientamento della politica monetaria della BCE rimarrebbe molto accomodante e seguiterebbe a trasmettersi all’economia. Più specificatamente, le ipotesi tecniche implicano che al termine dell’orizzonte temporale della proiezione i tassi di interesse nominali si mantengano inferiori ai livelli molto bassi toccati alla metà del 2019. Anche i prestiti al settore privato non finanziario dovrebbero mostrare un rafforzamento modesto verso la fine del periodo considerato, stimolati dal miglioramento del contesto macroeconomico, dai tassi di interesse molto bassi e dalle condizioni favorevoli del credito bancario sia alle famiglie sia alle società non finanziarie. Le minori esigenze di ridimensionamento della leva finanziaria nei diversi settori e l’espansione degli utili contribuiranno altresì al dinamismo della spesa privata. La dinamica dei consumi privati e degli investimenti nell’edilizia residenziale dovrebbe trarre beneficio anche dagli andamenti relativamente robusti della crescita dei salari e della ricchezza netta, oltre che dal calo della disoccupazione. Le esportazioni dell’area dell’euro beneficerebbero della prevista ripresa della domanda esterna. Infine, l’orientamento delle politiche di bilancio dovrebbe essere lievemente espansivo nell’intero arco temporale della proiezione (cfr. sezione 3).
Tuttavia, il venir meno di alcune circostanze favorevoli determinerebbe un calo della crescita verso la fine del periodo in esame. Ci si attende che gli investimenti delle imprese si indeboliscano nell’orizzonte temporale di proiezione, di riflesso a un periodo prolungato di bassi livelli di fiducia delle imprese e alla scadenza di alcuni incentivi fiscali. Anche l’occupazione dovrebbe decelerare a medio termine, rispecchiando in gran parte l’acutizzarsi della carenza di manodopera in alcuni paesi.
Tavola 1
Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro
Il reddito disponibile reale dovrebbe acquisire slancio nel 2019, per poi indebolirsi nel 2020 e nel 2021. Il rafforzamento nel 2019 riflette un’accelerazione del reddito disponibile nominale e un calo dell’inflazione al consumo. Nel 2020 e nel 2021 ci si attende che il rallentamento del reddito nominale e la graduale ascesa dell’inflazione agiscano da freno sul reddito reale. Il contributo di salari e stipendi lordi alla crescita del reddito disponibile nominale dovrebbe diminuire nel 2020 (dato l’impatto della minore dinamica dell’occupazione), per poi mantenersi sostanzialmente invariato nel 2021. Gli altri redditi personali registrerebbero un’espansione moderata nel periodo in esame. Il contributo dei trasferimenti fiscali netti sarebbe positivo nel 2019, per la prima volta dal 2010, riflettendo l’impatto congiunto delle riduzioni delle imposte dirette e dell’aumento dei trasferimenti alle famiglie. Tale contributo positivo diminuirebbe nel 2020 e diventerebbe sostanzialmente neutro nel 2021 nel contesto del lieve calo dei trasferimenti alle famiglie e del graduale incremento dell’imposizione diretta.
La crescita dei consumi privati è diminuita lievemente nel secondo trimestre del 2019 per motivi in parte riconducibili al venir meno di uno stimolo temporaneo osservato all’inizio dell’anno, ma dovrebbe rimanere solida nell’arco di tempo considerato. Il clima di fiducia dei consumatori ancora relativamente favorevole, gli attesi miglioramenti ulteriori delle condizioni nei mercati del lavoro e il perdurante aumento dei salari reali per occupato suggeriscono il protrarsi di un’espansione stabile dei consumi nell’orizzonte temporale di proiezione, sorretta anche dagli effetti positivi del lieve allentamento delle politiche di bilancio in alcuni paesi.
La dinamica dei consumi privati sarebbe sostenuta dalle condizioni di finanziamento favorevoli e dall’aumento della ricchezza netta. I tassi nominali sui prestiti bancari dovrebbero diminuire ulteriormente nel breve periodo, per poi stabilizzarsi e successivamente registrare un aumento modesto nel 2021. I tassi di interesse sui mutui rimarrebbero lievemente inferiori ai livelli toccati alla metà del 2019 sino alla fine dell’arco di tempo considerato, mentre quelli sul credito al consumo dovrebbero salire lievemente al di sopra dei livelli attuali. Poiché si prevede che i tassi sui prestiti bancari rimangano bassi e ci si attende che i prestiti bancari alle famiglie registrino un rafforzamento solo moderato nell’anno corrente e in quelli successivi, la spesa lorda per interessi si manterrebbe contenuta e continuerebbe quindi a sostenere i consumi privati. Al tempo stesso i ricavi lordi da interessi dovrebbero registrare un lieve incremento, riconducibile al protratto accumulo di attività fruttifere. Le proiezioni indicano inoltre che la ricchezza netta aumenterà ulteriormente, grazie al perdurare di robuste plusvalenze legate agli immobili posseduti che spiegano oltre la metà dell’aumento previsto. La crescita della ricchezza netta, assieme ai progressi realizzati nella riduzione della leva finanziaria, dovrebbe altresì sorreggere i consumi.
Riquadro 1
Ipotesi tecniche riguardanti i tassi di interesse, i tassi di cambio e i prezzi delle materie prime
Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, le ipotesi tecniche includono un calo dei prezzi del petrolio e tassi di interesse significativamente più bassi. Le ipotesi tecniche concernenti i tassi di interesse e i prezzi delle materie prime sono basate sulle aspettative di mercato al 19 agosto 2019. I tassi di interesse a breve termine si riferiscono all’Euribor a tre mesi e le aspettative di mercato sono desunte dai tassi dei contratti future. Da questa metodologia deriva un livello medio dei tassi a breve del -0,4% nel 2019 e del -0,6% nel 2020 e nel 2021. Le aspettative di mercato sui rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro implicano una media dello 0,4% per il 2019, dello 0,1% per il 2020 e dello 0,2% per il 2021[2]. Da un confronto con l’esercizio previsivo di giugno emerge che le aspettative di mercato per i tassi di interesse a breve termine sono state riviste verso il basso di circa 10 punti base per il 2019, di 30 punti base per il 2020 e di approssimativamente 40 punti base per il 2021, mentre quelle per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni sono state corrette al ribasso di circa 40 punti base per il 2019, di 80 punti base per il 2020 e di approssimativamente 90 punti base per il 2021.
Per quanto concerne le materie prime, sulla base dell’evoluzione dei prezzi impliciti nei contratti future considerando la media delle due settimane fino al 19 agosto, si assume che le quotazioni del greggio di qualità Brent scendano da 71,1 dollari al barile nel 2018 a 62,5 nel 2019 e che diminuiscano ulteriormente a 56,3 nel 2021. Tale profilo comporta che il calo dei prezzi in dollari del petrolio sia molto più pronunciato rispetto alle proiezioni di giugno. I corsi delle materie prime non energetiche, espressi in dollari, dovrebbero diminuire nel 2019 e tornare a salire negli anni successivi dell’orizzonte temporale di riferimento.
Le ipotesi sui tassi di cambio bilaterali restano invariate nell’arco di tempo considerato sui livelli medi osservati nelle due settimane fino al 19 agosto. Ciò implica che il cambio dollaro/euro si collochi in media a 1,12 nel periodo 2019-2021, come nelle proiezioni di giugno. Il tasso di cambio effettivo dell’euro (calcolato nei confronti delle valute di 38 partner commerciali) si è moderatamente apprezzato rispetto alle proiezioni di giugno, riflettendo il relativo vigore dell’euro nei confronti sia della sterlina sia del renminbi cinese e delle valute di altri paesi emergenti.
Ipotesi tecniche
L’espansione degli investimenti nell’edilizia residenziale dovrebbe proseguire, sebbene a un ritmo più moderato. La ripresa degli investimenti in abitazioni sembra avere perso lievemente slancio nel corso del 2018, in particolare in Spagna, Francia e Paesi Bassi, dopo un periodo di espansione molto vigorosa nel 2017. Nell’orizzonte temporale considerato ci si attende una moderazione della crescita degli investimenti nell’edilizia residenziale. Questo indebolimento è suggerito dal calo delle concessioni edilizie rilasciate negli ultimi mesi e dalle indagini congiunturali recenti da cui si evince una diminuzione della quota di famiglie che prevede di ristrutturare un’abitazione nel prossimo anno, nonostante l’aumento di quelle che intendono acquistare o costruire un’abitazione nei prossimi due anni. Inoltre i vincoli di capacità nel settore delle costruzioni dovrebbero diventare sempre più restrittivi, in particolare in Germania e nei Paesi Bassi. Agirebbero altresì da freno andamenti demografici sfavorevoli in alcuni paesi, tra cui la Germania e la Francia.
Gli investimenti delle imprese dovrebbero aumentare nel periodo in esame, seppure a un ritmo piuttosto modesto. Dopo l’andamento fiacco della prima metà del 2019, gli investimenti delle imprese dovrebbero evidenziare una dinamica piuttosto modesta nella seconda metà dell’anno riflettendo l’impatto della debolezza relativa dell’interscambio mondiale e le preoccupazioni riguardo a un ulteriore inasprimento delle controversie commerciali, come pure i timori di una Brexit senza accordo e di una marcata riduzione del ritmo di espansione in Cina. Oltre il breve periodo, tuttavia, gli investimenti delle imprese nell’area dell’euro sarebbero sostenuti da una serie di fattori fondamentali favorevoli in un contesto in cui si ipotizza il graduale venir meno delle incertezze. In primo luogo, la mancanza di attrezzature viene segnalata come un fattore che limita la produzione da una quota di imprese nel settore manifatturiero più ampia del consueto. In secondo luogo, le condizioni di finanziamento dovrebbero essere ancora molto favorevoli nell’orizzonte temporale di proiezione. In terzo luogo, gli utili dovrebbero ampliarsi accrescendo ulteriormente il considerevole eccesso di attività liquide che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni. In quarto luogo, le imprese potrebbero aumentare gli investimenti per compensare i vincoli connessi al lato dell’offerta di manodopera. Infine, l’indice di leva finanziaria nel settore delle società non finanziarie è diminuito negli ultimi anni grazie alla ripresa dei corsi azionari, al protratto accumulo di attività e alla moderata crescita dei debiti finanziari, anche se l’indebitamento lordo consolidato resta superiore ai livelli pre-crisi. Al tempo stesso, la spesa lorda per interessi delle società non finanziarie ha toccato minimi storici negli ultimi anni e dovrebbe aumentare solo gradualmente negli anni a venire.
Le esportazioni verso l’esterno dell’area dell’euro dovrebbero crescere a un ritmo contenuto nella parte rimanente del 2019, per poi recuperare nel resto dell’orizzonte temporale considerato, sostanzialmente in linea con l’evoluzione della domanda esterna (cfr. riquadro 2). La crescita delle esportazioni verso l’esterno dell’area ha mostrato un andamento variabile nel periodo recente. Nel primo trimestre di quest’anno l’accumulazione di scorte in anticipazione della data originaria della Brexit a marzo 2019 ha fornito un impulso ai flussi commerciali dell’area verso il Regno Unito. Nel trimestre successivo si stima che tale effetto si sia riassorbito, determinando un ristagno delle esportazioni verso l’esterno dell’area. Poiché gli indicatori congiunturali del commercio rimangono moderati, le esportazioni verso l’esterno dell’area evidenzierebbero una dinamica debole nella seconda metà del 2019, aumentando meno della domanda esterna. In seguito, nel medio periodo, dovrebbero recuperare ed espandersi sostanzialmente in linea con la domanda esterna determinando una stabilità delle quote di mercato delle esportazioni. Le importazioni dall’esterno dell’area dovrebbero altresì rimanere piuttosto deboli nel breve periodo, rispecchiando sia gli andamenti delle esportazioni stesse sia nel contempo la dinamica contenuta degli investimenti e dell’attività in alcuni paesi dell’area. Più a lungo termine, crescerebbero pressoché in linea con la domanda totale (domanda interna ed esportazioni). Nell’insieme, ci si attende che il contributo del commercio netto alla crescita del PIL in termini reali sia negativo nella seconda metà del 2019 e successivamente neutro nel resto del periodo considerato.
Riquadro 2
Contesto internazionale
La crescita del PIL mondiale in termini reali ha continuato a moderarsi nel primo trimestre del 2019, riflettendo soprattutto un rallentamento in diverse economie emergenti. Mentre in Cina l’attività è rimasta stabile nel primo trimestre dell’anno in un contesto in cui i consumi privati hanno evidenziato una buona tenuta, in diversi altri paesi emergenti dell’Asia, dell’America latina e della Comunità di Stati indipendenti l’economia ha subito una forte contrazione. Ciò ha riflesso un insieme di fattori idiosincratici negativi (specialmente in Brasile e Russia), oltre che il persistere di altre circostanze sfavorevoli quali l’elevata incertezza riguardo al quadro politico interno (particolarmente in Messico e in Brasile). Per contro, il ritmo di espansione del PIL ha mostrato una tenuta relativamente buona in gran parte delle economie avanzate nel primo trimestre grazie soprattutto a fattori favorevoli temporanei in alcuni paesi (ad esempio il contributo positivo del commercio netto e dell’accumulo di scorte negli Stati Uniti e quello dell’accumulo di scorte in anticipazione del termine originariamente fissato per la Brexit nel Regno Unito). Con il venir meno dell’impatto esercitato da questi fattori, nel secondo trimestre la crescita nelle economie avanzate si è moderata in linea con le proiezioni di giugno. In particolare, negli Stati Uniti il contributo negativo del commercio netto, in un contesto in cui le importazioni si sono stabilizzate e le esportazioni sono diminuite, ha pesato sulla crescita nonostante le misure di stimolo fiscale e la tenuta dei consumi privati. Nel Regno Unito, l’economia ha subito una contrazione nel secondo trimestre principalmente a causa del calo degli investimenti. I risultati delle indagini congiunturali recenti, ad esempio l’indice mondiale composito dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Index, PMI) esclusa l’area dell’euro, confermano la probabile perdita ulteriore di slancio della crescita mondiale nel secondo trimestre. Dopo una lieve ripresa in luglio, l’indice è diminuito di nuovo in agosto a segnalare il protrarsi di una dinamica modesta dell’attività mondiale.
La crescita mondiale rimarrebbe moderata nella seconda metà del 2019. Una serie di circostanze sfavorevoli continuerà a pesare sull’economia globale. L’attività manifatturiera a livello internazionale rimarrebbe debole, sulla scia della minore crescita degli investimenti mondiali e dei consumi di beni durevoli, che costituiscono una parte consistente della produzione manifatturiera. Dati gli elevati livelli attuali di incertezza connessa al futuro delle relazioni commerciali internazionali, è improbabile che la crescita degli investimenti mondiali torni a rafforzarsi nel breve periodo. A fronte del rallentamento dell’economia mondiale, i responsabili delle politiche di tutto il mondo hanno adottato una serie di misure volte a mitigare l’impatto negativo delle circostanze economiche sfavorevoli. In Cina ci si attende che le misure di stimolo fiscale introdotte per attenuare il rallentamento della domanda interna esercitino un effetto principalmente nella seconda metà dell’anno[3]. Negli Stati Uniti, oltre al consistente stimolo di bilancio prociclico e al recente accordo per la fissazione di massimali di spesa pubblica più flessibili, il Federal Reserve System ha deciso di abbassare il proprio tasso di interesse di riferimento per sostenere l’espansione economica in atto. Inoltre, una serie di altre economie (come Australia, Brasile, Corea del Sud, Indonesia, India e Turchia) ha allentato l’orientamento della politica monetaria e le aspettative degli operatori incorporate nelle ipotesi tecniche stanno a indicare che altri ne seguiranno l’esempio.
A medio termine la crescita mondiale dovrebbe registrare un aumento e stabilizzarsi a un tasso inferiore alla propria media di lungo periodo del 3,8%. Dopo essere scesa al 3,1% nel 2019, dal 3,8% nel 2018, la crescita mondiale (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe salire e stabilizzarsi al 3,5% nel 2021. Tali andamenti sono determinati da tre fattori principali. In primo luogo, nelle economie avanzate la congiuntura dovrebbe indebolirsi in un contesto in cui i vincoli di capacità diventano sempre più restrittivi a fronte di output gap positivi e tassi di disoccupazione bassi nei principali paesi, mentre verso la fine dell’orizzonte temporale della proiezione il sostegno offerto dalle politiche economiche si ridurrebbe gradualmente. In secondo luogo, il progressivo rallentamento dell’economia cinese e il suo riequilibrio dagli investimenti verso i consumi dovrebbero incidere negativamente sulla crescita mondiale e sul commercio in particolare. In terzo luogo, i paesi emergenti (esclusa la Cina) dovrebbero per contro sostenere la crescita mondiale in un contesto in cui l’economia si riprende dalle recessioni passate e gli output gap negativi diventano sempre più contenuti. Rispetto alle proiezioni di giugno, le prospettive per la crescita mondiale sono state riviste al ribasso nel periodo considerato riflettendo una ripresa meno dinamica del previsto in alcuni paesi emergenti e, in misura inferiore, l’impatto delle perduranti tensioni commerciali.
Contesto internazionale
Le stime segnalano che il commercio mondiale ha subito una decelerazione significativa quest’anno in presenza di un rallentamento dell’attività industriale su scala internazionale, dell’acuirsi delle tensioni commerciali e, in qualche misura, dell’indebolimento del ciclo tecnologico. I dati di contabilità nazionale indicano che, dopo avere ristagnato alla fine del 2018, la crescita delle importazioni mondiali (esclusa l’area dell’euro) è scesa in territorio negativo nel primo trimestre del 2019, pressoché in linea con le proiezioni di giugno. La contrazione dell’interscambio mondiale è stata generalizzata nei diversi paesi. Oltre a fattori una tantum (ad esempio la temporanea debolezza della domanda interna negli Stati Uniti per il blocco parziale dell’amministrazione centrale), l’andamento fiacco del commercio è principalmente riconducibile alla modesta dinamica degli scambi all’interno dell’Asia che sembra connessa al rallentamento della domanda interna cinese. Infine, shock specifici collegati all’indebolimento del ciclo tecnologico o alle turbative nel settore automobilistico possono avere altresì svolto un ruolo, che sembra tuttavia limitato a particolari paesi. La crescita del commercio mondiale dovrebbe sostanzialmente stabilizzarsi nel secondo trimestre.
Nel medio periodo le importazioni mondiali aumenterebbero gradualmente, crescendo a un ritmo più modesto di quello dell’attività internazionale. La recente intensificazione delle tensioni commerciali, i cui effetti continueranno a essere avvertiti nel 2020, assieme al recupero più graduale del previsto nelle economie emergenti, contribuirà a rallentare la ripresa dell’interscambio globale. La crescita mondiale delle importazioni (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe registrare un calo pronunciato, dal 4,6% nel 2018 allo 0,4% quest’anno, per poi salire al 2,2% nel 2020 e al 2,9% nel 2021. Ci si attende che l’aumento delle tariffe determini una riduzione degli scambi su scala internazionale, incidendo negativamente sulla domanda esterna dell’area dell’euro. L’analisi empirica indica come il riorientamento degli scambi verso i mercati terzi (compresa l’area dell’euro), che potrebbe attenuare l’impatto negativo delle maggiori tariffe sul commercio mondiale, sia finora molto limitato. Il ritmo di espansione della domanda esterna dell’area dell’euro, pari al 3,7% l’anno scorso, dovrebbe scendere all’1,0% nel 2019, per poi salire gradualmente raggiungendo l’1,9% nel 2020 e il 2,7% nel 2021. Rispetto all’esercizio previsivo di giugno, è stato oggetto di una considerevole revisione verso il basso per l’intero periodo in esame. Oltre all’impatto delle tariffe, queste revisioni riflettono altresì la debolezza generalizzata dell’espansione delle importazioni nelle economie sia avanzate sia emergenti sulla scia di prospettive di crescita più moderate. Le prospettive per il commercio mondiale incorporate nelle proiezioni di settembre 2019 restano inferiori a quelle delle proiezioni più recenti di altre organizzazioni, soprattutto per il 2019.
La crescita dell’occupazione sarebbe contenuta, riflettendo in parte fattori temporanei nel breve periodo, mentre ci si attende che emergano vincoli dal lato dell’offerta di manodopera nel prosieguo dell’orizzonte temporale considerato. La stima rapida dell’Eurostat colloca la crescita del numero di occupati nel secondo trimestre del 2019 allo 0,2% sul periodo precedente, a indicare una moderazione della dinamica rispetto agli ultimi quattro anni. L’occupazione continuerebbe ad aumentare a ritmi piuttosto modesti nell’arco di tempo considerato poiché si prevede che l’offerta di manodopera ne limiti ulteriormente l’espansione e che anche la domanda di lavoro registri una moderazione in linea con il rallentamento dell’attività.
La dinamica delle forze di lavoro dovrebbe moderarsi nel periodo in esame. Le forze di lavoro continuerebbero a espandersi riflettendo la prevista immigrazione netta di lavoratori, l’attesa integrazione dei rifugiati e i perduranti aumenti del tasso di partecipazione. Si prevede tuttavia che nell’orizzonte temporale di proiezione questi fattori vengano gradualmente meno e aumenti pertanto l’impatto sfavorevole esercitato dall’invecchiamento demografico, in un contesto in cui le coorti più anziane che escono dalle forze di lavoro sono in numero maggiore rispetto a quelle più giovani che entrano a farvi parte.
Il tasso di disoccupazione scenderebbe al 7,3% nel 2021. È diminuito al 7,6% nel secondo trimestre del 2019, la quota più bassa dal terzo trimestre del 2008, e in prospettiva dovrebbe rimanere sostanzialmente invariato rispetto al livello attuale fino agli inizi del 2020, per poi scendere nel periodo successivo. Benché ci si attenda un calo generalizzato nei diversi paesi, i tassi di disoccupazione nel 2021 dovrebbero evidenziare ancora differenze sostanziali.
La produttività del lavoro dovrebbe recuperare nel periodo in rassegna. La produttività del lavoro per addetto e per ora lavorata è diminuita nel 2018 dopo il forte slancio del 2017, di riflesso all’inatteso indebolimento dell’attività. Nel 2021 dovrebbe salire allo 0,9%, in un contesto in cui ci si attende che l’attività riacquisti vigore a fronte di un rallentamento degli input di lavoro.
Rispetto alle proiezioni di giugno, la crescita del PIL in termini reali è stata rivista verso il basso per il 2019 e il 2020 ed è stata mantenuta invariata per il 2021. Dati i perduranti modesti livelli degli indicatori del clima di fiducia, che riflettono principalmente la debolezza più persistente del previsto del commercio mondiale e le incertezze a livello internazionale, le prospettive a breve termine sono state corrette al ribasso sia per il terzo sia per il quarto trimestre del 2019. Queste revisioni implicano un minore effetto di trascinamento nel 2020, riducendo la crescita annua del PIL in tale anno. Il profilo trimestrale della crescita economica resta tuttavia immutato rispetto agli inizi del 2020, poiché l’impatto delle considerevoli correzioni verso il basso della domanda esterna è sostanzialmente compensato da quello delle più favorevoli condizioni di finanziamento e dei ribassi dei corsi petroliferi.
Riquadro 3
La capacità di tenuta della domanda interna dell’area dell’euro agli shock esterni
Questo riquadro presenta alcune evidenze riguardanti la capacità di tenuta della domanda interna dell’area dell’euro a fronte di shock esterni negativi. Il rallentamento del PIL in termini reali dell’area dell’euro nel periodo compreso tra il quarto trimestre del 2017 e il secondo trimestre del 2019 è stato in larga parte connesso a un indebolimento del commercio netto, mentre la domanda interna ha contribuito in misura notevolmente inferiore (cfr. grafico A). La crescita della domanda interna dovrebbe continuare a mostrare una tenuta piuttosto buona nell’orizzonte temporale della proiezione, sostenendo l’espansione del PIL in termini reali, mentre il contributo delle esportazioni nette diventerà neutro.
Grafico A
PIL e componenti della spesa
Secondo i modelli della BCE, il deterioramento della crescita della domanda interna dell’area dell’euro conseguente alla debolezza esterna è stato inferiore a quanto desunto dalle regolarità storiche. Gli andamenti esterni sfavorevoli hanno chiaramente svolto un ruolo importante nel rallentamento economico a partire dalla fine del 2017, soprattutto attraverso l’indebolimento della crescita delle esportazioni. Nel corso del 2018 lo shock esterno negativo si è trasmesso alla domanda interna. Tuttavia, i modelli della BCE che misurano le determinanti del profilo di crescita del PIL nel tempo stanno a indicare come nel caso della domanda interna siano intervenuti anche alcuni fattori positivi nell’anno trascorso che hanno attenuato l’impatto sfavorevole dell’indebolimento della domanda esterna. Questo può essere interpretato come un segnale della buona capacità di tenuta della domanda interna che, come rilevato dai modelli della BCE, si è deteriorata in reazione agli shock esterni in misura inferiore a quella desunta dalle regolarità storiche. A sua volta, la tenuta della domanda interna potrebbe essere riconducibile al vigore del mercato del lavoro e ad altri fattori favorevoli.
La buona tenuta della domanda interna dell’area dell’euro a fronte di shock esterni negativi può essere in parte connessa alla capacità di assorbimento[4] del mercato del lavoro. La crescita dell’occupazione e il tasso di disoccupazione hanno evidenziato una notevole capacità di tenuta dal 2017, in un contesto in cui l’occupazione è aumentata a ritmi inaspettatamente robusti nonostante la decelerazione dell’attività. Una semplice relazione statica stimata tra occupazione/disoccupazione e PIL illustra questo punto (cfr. grafico B). La crescita dell’occupazione si è collocata sempre più al di sopra di quella prevista dalla relazione di Okun nel corso del 2018 ed è stata superiore di 0,5 punti percentuali al livello anticipato nel secondo trimestre del 2019. Di recente il numero totale di ore lavorate è altresì aumentato in misura superiore alle previsioni, mentre il tasso di disoccupazione è stato tendenzialmente inferiore al valore previsto[5]. Questi andamenti sono connessi in particolare all’ampia creazione di posti di lavoro nel settore dei servizi. Un possibile fattore alla base della buona capacità di tenuta del mercato del lavoro è costituito dal fatto che l’intensità di lavoro del commercio estero è molto inferiore a quella di altre componenti del PIL. Pertanto, gli shock negativi riguardanti l’interscambio con l’esterno dell’area possono avere esercitato un impatto verso il basso sul mercato del lavoro piuttosto limitato rispetto agli shock negativi dal lato della domanda interna[6].
Grafico B
Residui rispetto alle stime statiche di Okun
Diversi altri fattori, in aggiunta al mercato del lavoro, possono avere altresì contribuito alla buona capacità di tenuta della domanda interna dell’area dell’euro nel periodo considerato. Tra questi figurano l’orientamento accomodante della politica monetaria che sostiene le condizioni di finanziamento; i miglioramenti dei bilanci delle società non finanziarie e delle famiglie, compreso l’aumento della ricchezza netta e il processo di riduzione della leva finanziaria nel settore privato; le attese di una crescita dinamica del margine operativo lordo; il lieve allentamento delle politiche di bilancio.
In sintesi, il rallentamento dell’attività nell’area dell’euro a partire dal 2017 è in larga parte riconducibile all’indebolimento del contesto esterno, mentre la domanda interna ha mostrato una capacità di tenuta relativamente buona che è dovuta in grande misura al vigore del mercato del lavoro. In prospettiva, nell’esercizio previsivo di settembre 2019 è stato valutato che, nonostante la revisione al ribasso riguardante il contesto esterno, il mercato del lavoro continuerà a sostenere il reddito disponibile delle famiglie e che gli altri fattori a sostegno della domanda interna rimarranno presenti, seppur in misura inferiore rispetto al passato recente.
2 Prezzi e costi
L’inflazione misurata sullo IAPC si collocherebbe in media all’1,2% nel 2019, per poi scendere all’1,0% nel 2020 e raggiungere l’1,5% nel 2021 (cfr. grafico 2). L’inflazione misurata sullo IAPC sarà volatile, oscillando intorno a livelli piuttosto contenuti fino alla seconda metà del 2020. Tale andamento riflette principalmente l’evoluzione della componente energetica connessa al recente calo dei corsi petroliferi, a effetti base sia verso il basso sia verso l’alto e, in misura ridotta, alla diminuzione dei prezzi amministrati dell’elettricità e del gas. La componente energetica dello IAPC rimarrà negativa sino alla fine del 2020 e diventerà positiva solo nel 2021 con lo stabilizzarsi della curva dei contratti future sulle quotazioni del petrolio. Dopo essere aumentata nel breve periodo per gli effetti ritardati dei precedenti aumenti dei prezzi alla produzione delle materie prime alimentari, la componente alimentare dell’indice dovrebbe oscillare attorno all’1,9%. Lo IAPC al netto di energia e beni alimentari non evidenzierà alcuna tendenza significativa nel corso del 2020 e salirà all’1,5% nel 2021. Il profilo moderatamente ascendente dell’inflazione di fondo dovrebbe essere sorretto dall’atteso recupero dell’attività e dalla connessa ripresa dei margini di profitto in un contesto in cui gli aumenti passati del costo del lavoro si trasmettono ai prezzi. Si prevede di conseguenza un’accentuazione delle pressioni dal lato dei costi interni. L’aumento dei corsi delle materie prime non energetiche e dell’inflazione di fondo a livello mondiale dovrebbe altresì fornire un certo sostegno all’inflazione di fondo.
Grafico 2
IAPC dell’area dell’euro
L’incremento del reddito per occupato dovrebbe essere relativamente robusto in presenza di condizioni ancora tese nei mercati del lavoro. Dopo il picco raggiunto nel 2019 sullo sfondo del rallentamento ciclico della produttività, la dinamica del costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe moderarsi lievemente nell’orizzonte temporale di proiezione in un contesto in cui si prevede che la produttività acceleri assieme all’economia. Il fattore principale alla base della dinamica salariale è il previsto inasprimento delle condizioni nei mercati del lavoro in alcune parti dell’area dell’euro. Al di là degli andamenti congiunturali, è prevedibile che anche l’aumento dell’inflazione complessiva negli ultimi due anni contribuisca a una crescita relativamente robusta delle retribuzioni nominali nelle economie dell’area in cui il processo di formazione dei salari include elementi retrospettivi. Inoltre, alcuni paesi hanno introdotto aumenti delle retribuzioni minime che potrebbero trasmettersi alla distribuzione dei salari.
Nell’orizzonte temporale di proiezione i margini di profitto dovrebbero registrare andamenti più favorevoli rispetto al 2018. I margini di profitto sono stati compressi negli ultimi trimestri dal forte incremento del costo del lavoro per unità di prodotto e dagli aumenti passati dei corsi petroliferi che hanno inciso negativamente sulle ragioni di scambio, con effetti avversi sugli andamenti dei margini. Questi fattori dovrebbero diventare meno importanti dopo il recente calo dei corsi petroliferi e in un contesto in cui l’attività economica riacquista slancio.
L’inflazione dei prezzi all’importazione scenderebbe nel 2019, per poi salire moderatamente nel resto del periodo in esame. Dopo i livelli elevati raggiunti nel 2018, il tasso di crescita sul periodo corrispondente del deflatore delle importazioni dovrebbe diminuire nel 2019 e poi aumentare gradualmente nel 2021. Questo profilo è determinato in misura considerevole dalle variazioni dei corsi petroliferi, che hanno sospinto i prezzi all’importazione verso l’alto nel 2018 e che ne freneranno la dinamica nell’orizzonte temporale della proiezione, anche se il loro effetto si ridurrà gradualmente con l’appiattirsi dell’inclinazione discendente della curva dei contratti future sui prezzi del petrolio verso la fine del periodo considerato. Al tempo stesso, l’aumento dei corsi delle materie prime non petrolifere e le spinte inflazionistiche di fondo a livello internazionale dovrebbero fornire un lieve, ancorché più moderato, sostegno all’inflazione dei prezzi all’importazione.
Da un confronto con l’esercizio previsivo di giugno emerge che le proiezioni per l’inflazione misurata sullo IAPC sono state riviste verso il basso nell’intero arco di tempo considerato. Tali revisioni sono in larga parte riconducibili alla componente energetica, che è stata oggetto di una considerevole correzione verso il basso sia per il 2019 sia per il 2020 a causa del calo dei corsi petroliferi. Anche il tasso calcolato al netto di energia e beni alimentari viene corretto al ribasso riflettendo i dati più modesti, l’indebolimento dell’attività e gli effetti indiretti della diminuzione dei prezzi dell’energia, oltre che le persistenti sovrastime precedenti.
3 Prospettive per i conti pubblici
In termini aggregati, l’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro sarebbe moderatamente espansivo nell’intero orizzonte temporale di proiezione. Viene misurato come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto del sostegno pubblico a favore del settore finanziario. Dopo essere stata neutra nel 2018, l’intonazione delle politiche fiscali diventerebbe moderatamente espansiva nel 2019 per motivi in larga parte riconducibili alla diminuzione delle imposte dirette e all’aumento della spesa pubblica in alcuni paesi. Per il 2020 si prevede un allentamento lievemente maggiore delle politiche di bilancio dovuto principalmente alle ulteriori riduzioni delle imposte dirette, oltre che ai più elevati trasferimenti in alcuni paesi. Per il 2021, gran parte dell’allentamento è ascrivibile alla Germania come conseguenza dell’accelerazione della spesa e della recente approvazione dell’abrogazione parziale della sovrattassa di solidarietà, che riduce il carico fiscale diretto sulle famiglie.
Il saldo di bilancio dell’area dell’euro dovrebbe deteriorarsi nell’intero periodo considerato, mentre il debito pubblico in rapporto al PIL continua a seguire una traiettoria discendente. Il deterioramento maggiore del saldo si osserva nel 2019, per l’orientamento espansivo della politica fiscale. Successivamente il saldo di bilancio complessivo si deteriora a un ritmo inferiore, in un contesto in cui l’ulteriore allentamento della politica fiscale è in parte compensato dai risparmi nella spesa per interessi, mentre la componente ciclica rimane per lo più invariata. L’andamento discendente del debito delle amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL è sorretto dalla presenza di saldi primari positivi, ancorché in calo nel corso del tempo, e dal differenziale favorevole fra tasso di interesse e tasso di crescita.
Le prospettive per le finanze pubbliche nell’area dell’euro rimangono sostanzialmente invariate rispetto all’esercizio previsivo di giugno. Il disavanzo di bilancio lievemente più alto alla fine dell’orizzonte temporale di proiezione riflette l’ulteriore allentamento della politica fiscale e il deterioramento della componente ciclica, che sono in parte compensati dalla minore spesa per interessi. Il rapporto debito/PIL dovrebbe evidenziare un profilo lievemente superiore rispetto alle proiezioni di giugno, a causa delle revisioni al rialzo del differenziale fra tasso di interesse e tasso di crescita e dei minori avanzi primari.
Riquadro 4
Analisi di sensibilità
Le proiezioni si basano in ampia misura su ipotesi tecniche concernenti l’evoluzione di alcune variabili fondamentali. Poiché queste ultime possono incidere notevolmente sulle proiezioni formulate per l’area dell’euro, un esame della sensibilità a profili alternativi per le ipotesi sottostanti può contribuire all’analisi dei rischi che circondano le proiezioni. Questo riquadro verte sull’incertezza inerente ad alcune ipotesi sottostanti fondamentali e sulla sensibilità delle proiezioni rispetto a tali variabili.
1) Profili alternativi dei prezzi del petrolio
L’analisi di sensibilità è volta a valutare le implicazioni di profili alternativi dei corsi petroliferi. Le ipotesi tecniche sugli andamenti dei corsi petroliferi sottostanti allo scenario di base delle proiezioni, che sono elaborate sui prezzi dei future, indicano un andamento lievemente discendente delle quotazioni del petrolio, con il prezzo del greggio di qualità Brent che raggiungerebbe circa 56 dollari al barile entro la fine del 2021. L’analisi considera due profili alternativi dei prezzi del petrolio. Il primo è calcolato utilizzando il 25o percentile della distribuzione ricavata dalle densità delle probabilità implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio al 19 agosto 2019 e comporta un calo graduale delle quotazioni a 42 dollari per barile nel 2021, un livello inferiore del 25% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per quell’anno. Come emerge dalla media dei risultati di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti, questo profilo eserciterebbe un lieve impatto al rialzo sulla crescita del PIL in termini reali (di circa 0,1 punti percentuali nel 2020 e nel 2021); l’inflazione misurata sullo IAPC risulterebbe invece inferiore di 0,1, 0,6 e 0,4 punti percentuali rispettivamente nel 2019, nel 2020 e nel 2021. Il secondo profilo si basa sul 75o percentile della stessa distribuzione e implica un aumento del prezzo del petrolio a circa 69 dollari per barile nel 2021, un livello superiore del 22% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per l’anno in questione. Questo profilo comporterebbe un aumento più rapido dell’inflazione misurata sullo IAPC, che risulterebbe superiore di 0,1, 0,5 e 0,3 punti percentuali rispettivamente nel 2019, nel 2020 e nel 2021, mentre la crescita del PIL in termini reali sarebbe lievemente inferiore (con un calo di 0,1 punti percentuali nel 2020 e nel 2021).
2) Profilo alternativo del tasso di cambio
L’analisi di sensibilità indaga gli effetti di un rafforzamento del tasso di cambio dell’euro. Lo scenario è coerente con la distribuzione ricavata dalle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il tasso di cambio dollaro/euro al 19 agosto 2019, che è nettamente orientata verso un apprezzamento dell’euro. Il 75o percentile di tale distribuzione comporta un apprezzamento dell’euro a 1,25 dollari per euro nel 2021, ossia un cambio superiore del 12% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per quell’anno. La corrispondente ipotesi per il tasso di cambio effettivo nominale dell’euro riflette regolarità storiche, ove le variazioni del cambio dollaro/euro corrispondono a quelle del tasso effettivo con un’elasticità pari a poco più del 50%. In questo scenario, da una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti emergono in media valori più bassi sia per la crescita del PIL in termini reali sia per l’inflazione misurata sullo IAPC (rispettivamente di 0,3 e 0,4-0,5 punti percentuali nel 2020 e nel 2021).
Riquadro 5
Previsioni formulate da altre organizzazioni
Varie organizzazioni, sia internazionali sia del settore privato, hanno pubblicato previsioni relative all’area dell’euro. Tuttavia tali previsioni non sono perfettamente confrontabili tra loro, né con le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE/dell’Eurosistema, poiché sono state formulate in momenti differenti. Inoltre esse si basano su metodi diversi, non del tutto specificati, per definire le ipotesi sulle variabili di bilancio, finanziarie ed esterne, inclusi i corsi del petrolio e di altre materie prime, e presentano differenze metodologiche nella correzione dei dati per il numero di giornate lavorative (cfr. tavola).
Come si evince dalla tavola, le proiezioni al momento disponibili elaborate da gran parte delle altre organizzazioni per la crescita del PIL in termini reali e l’inflazione misurata sullo IAPC rientrano negli intervalli di valori delle proiezioni degli esperti (fra parentesi quadre nella tavola). Il dato relativo all’inflazione misurata sullo IAPC nel 2020 è considerevolmente inferiore rispetto a tutte le altre previsioni, per motivi che potrebbero essere riconducibili a ipotesi più aggiornate sui corsi petroliferi nelle proiezioni di settembre 2019.
Confronto tra alcune previsioni recenti sulla crescita del PIL e sull’inflazione nell’area dell’euro
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HTML ISSN 2529-4504, QB-CE-19-002-IT-Q
- Le ipotesi tecniche riguardanti, ad esempio, i prezzi del petrolio e i tassi di cambio sono aggiornate al 19 agosto 2019 (cfr. riquadro 1); per le altre informazioni utilizzate la data di chiusura dell’esercizio è il 29 agosto. Le proiezioni macroeconomiche di questo mese si riferiscono al periodo 2019-2021. Nella loro interpretazione va ricordato che esercizi previsivi condotti per un orizzonte temporale così esteso presentano un grado di incertezza molto elevato. Cfr. l’articolo Una valutazione delle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema nel numero di maggio 2013 del Bollettino mensile della BCE. All’indirizzo http://www.ecb.europa.eu/pub/projections/html/index.en.html sono accessibili i dati utilizzati per la compilazione di alcuni grafici e tavole.
- L’ipotesi formulata per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro si basa sulla media dei rendimenti dei titoli di riferimento a dieci anni dei vari paesi, ponderata per il PIL su base annua; la media è poi estesa utilizzando il profilo dei tassi a termine derivato dal par yield a dieci anni di tutti i titoli dell’area dell’euro stimato dalla BCE, con la discrepanza iniziale tra le due serie mantenuta costante nel periodo della proiezione. Si ipotizza che i differenziali tra i rendimenti dei titoli dei singoli paesi e la corrispondente media dell’area dell’euro rimangano costanti nell’orizzonte temporale considerato.
- Per quest’anno, la Cina ha annunciato un pacchetto di stimolo fiscale corrispondente al 2-3% del PIL. Tuttavia, finora ne sono stati attuati e annunciati in dettaglio solo alcuni elementi. Tra questi figurano una riduzione dell’aliquota IVA con efficacia dal 1 aprile, che dovrebbe esercitare un effetto maggiore nella seconda metà del 2019, e un aumento della quota massima di indebitamento per le amministrazioni locali dall’inizio di quest’anno, che dovrebbe essere utilizzato da queste ultime per la spesa in infrastrutture.
- La capacità di assorbimento può essere altresì intesa come la capacità di un’economia di attenuare l’impatto diretto di uno shock, vale a dire di ridurre al minimo le perdite dirette di prodotto e di posti di lavoro incidendo su altre variabili che fungono da stabilizzatori quali salari e prezzi reattivi, erogazione di credito e condivisione dei rischi finanziari. Cfr. Commissione europea (2017).
- Cfr. il riquadro Crescita dell’occupazione e PIL nell’area dell’euro, nel numero 2/2019 del Bollettino economico della BCE.
- Cfr. Anderton, R., Aranki, T., Bonthuis, B. e Jarvis, V., “Disaggregating Okun’s Law: Decomposing the impact of the expenditure components of GDP on euro area unemployment”, Working Paper Series, n. 1747, BCE, dicembre 2014.