- INTERVISTA
Intervista con ANSA
Intervista a Luis de Guindos, Vicepresidente della BCE, condotta da Domenico Conti
29 ottobre 2024
Nell’ultima conferenza stampa, la Presidente Lagarde si è riferita a una serie di indicatori economici che puntano verso il basso e a rischi al ribasso per la crescita. L’indagine presso i previsori professionali pubblicata dalla BCE prevede per il 2025 un’inflazione dell’1,9% contro il 2,2% delle proiezioni degli esperti della BCE. In questo contesto, il Consiglio direttivo avrà l’opzione di tagliare i tassi consecutivamente come accaduto a settembre-ottobre?
Brevemente sulla situazione economica attuale, non abbiamo buone notizie in termini di crescita, ma abbiamo buone notizie in termini di inflazione.
Quanto alla crescita, abbiamo rivisto due volte al ribasso le nostre proiezioni: prima dell’estate e a settembre. Riscontriamo che i rischi verso il basso che avevamo individuato si stanno concretizzando, soprattutto perché i consumi non sono in ripresa come atteso. Anche se grazie al recupero dei salari sull’inflazione è aumentato il reddito reale disponibile, le famiglie non stanno incrementando la spesa. Credo che ciò abbia a che fare con elementi strutturali, principalmente la mancanza di fiducia causata da diversi fattori, come l’inflazione precedente, la pandemia, o i rischi geopolitici. Ma la ripresa dei consumi non sta chiaramente avvenendo al ritmo che avevamo previsto in precedenza.
Per l’inflazione, la situazione opposta: gli ultimi dati sono buoni, sia per l’inflazione complessiva sia per quella di fondo. Le misure dell’inflazione di fondo sono perlopiù in calo e siamo fiduciosi che riusciremo a raggiungere il nostro obiettivo del 2% a medio termine nel corso del 2025.
Riguardo a future possibili riduzioni dei tassi, abbiamo detto molto chiaramente che nelle prossime riunioni lasceremo aperte tutte le opzioni, per quanto riguarda sia il numero degli interventi sia la loro entità. Tuttavia, ciò che è più rilevante per la trasmissione della politica monetaria e l’impatto delle condizioni finanziarie sulla domanda aggregata è la traiettoria di medio termine, che è chiaramente quella di un ciclo di allentamento. La regolazione puntuale della politica monetaria è molto complessa; il segnale più importante è quindi dato dalla traiettoria di medio periodo.
I rischi geopolitici giocheranno un ruolo nelle prossime decisioni di politica monetaria. In che misura i rischi legati ai conflitti in Medio Oriente e quelli di un’ulteriore escalation nei dazi stanno spingendo la BCE a un approccio cauto nel ridurre i tassi d’interesse?
I fattori geopolitici rivestono un ruolo molto importante nella nostra analisi. Il conflitto in Medio Oriente, ad esempio, ha un impatto sui prezzi dell’energia e le imminenti elezioni si potrebbero ripercuotere sugli scambi internazionali, sulla crescita globale e sull’inflazione. Questo è uno dei motivi per cui dobbiamo essere molto prudenti nel prendere le nostre decisioni. Quando sei in una stanza buia piena di punti incerti, come i rischi geopolitici su cui non puoi avere controllo, ti devi muovere con prudenza.
Un altro elemento importante è la politica di bilancio. I governi stanno presentando alla Commissione europea i loro piani di bilancio di medio termine, che renderanno più chiare le prospettive per i conti pubblici, un altro fattore che dobbiamo prendere in considerazione nelle nostre analisi e nel processo decisionale. Dunque i rischi geopolitici, la possibilità di distorsioni nel commercio internazionale e ciò che accadrà in termini di politiche di bilancio peseranno sulle nostre decisioni nel futuro prossimo.
Nel suo nuovo assetto operativo entrato in vigore a settembre 2024, la BCE prospetta che un contributo importante nel fornire liquidità al settore bancario proverrà da un portafoglio strutturale di titoli e da nuove operazioni di rifinanziamento a più lungo termine, in base a condizioni che saranno definite successivamente. A che punto è la discussione e che orientamenti ci sono?
L’assetto operativo deve essere utilizzato per attuare la politica monetaria, non per condizionarla. Abbiamo indicato molto chiaramente che tutto lo strumentario di politica monetaria resta a nostra disposizione, incluse ad esempio misure non convenzionali come operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine e allentamento quantitativo.
Ora siamo in una situazione di ampia liquidità, che stiamo gradualmente riducendo mediante l’interruzione dei reinvestimenti, che cesseranno completamente a partire dagli inizi del prossimo anno. Una volta che la liquidità sarà stata ampiamente ridotta, una combinazione degli strumenti di politica monetaria di cui disponiamo ci aiuterà a rispondere al fabbisogno del sistema bancario.
La mia opinione personale è che, quando discuteremo del portafoglio strutturale, dovremo tenere conto della concreta situazione di liquidità delle banche, guardando non solo alla media ma anche alle distribuzione nel sistema bancario. Non abbiamo deciso le dimensioni del portafoglio strutturale, ma dovranno essere sufficienti a fornire liquidità adeguata al sistema bancario.
L’ultimo riesame della strategia di politica monetaria, nel 2021, accadeva a valle di forti pressioni deflazionistiche legate a vari fattori, fra cui la digitalizzazione e la globalizzazione. Da allora lo scenario è cambiato, e in un quadro geopolitico frammentato sono tornati shock inflazionistici. Come si rifletterà tutto ciò nel prossimo riesame della strategia di politica monetaria? Quando inizierà la discussione e su quali punti?
Abbiamo creato sul piano tecnico un paio di livelli di discussione per analizzare i fattori menzionati: come è cambiato lo scenario, come questo nuovo contesto potrebbe incidere sull’inflazione, e l’evolvere del nostro strumentario. Ma il Consiglio direttivo non ne discuterà fino al prossimo anno e le conclusioni sono previste per la seconda metà del 2025.
Ma non modificheremo, e su questo siamo stati chiarissimi, la definizione di stabilità dei prezzi, che resta quella di un’inflazione al 2% nel medio termine. E restano dei punti fermi anche diversi altri elementi come l’importanza di considerare la stabilità finanziaria o il cambiamento climatico nel nostro lavoro. Di fatto, questo riesame si configurerà perlopiù come una valutazione del precedente riesame della strategia con l’aggiunta di nuovi elementi, quali il mutato contesto dell’economia e dell’inflazione, la possibilità di una “de-globalizzazione” e altri fattori strutturali che potrebbero influenzare le prospettive di inflazione.
Un aspetto importante è che guarderemo alle conseguenze delle misure utilizzate in passato. In ogni decisione di politica monetaria occorre non soltanto tenere conto degli effetti a breve termine ma anche di possibili effetti futuri indesiderati. L’allentamento quantitativo, ad esempio, è uno strumento che si è dimostrato molto utile per combattere la deflazione e l’impatto della pandemia, ma di cui abbiamo sperimentato anche alcuni effetti collaterali. Al riguardo, disponiamo di molte più informazioni sulle potenziali conseguenze dell’allentamento quantitativo, ora che abbiamo avviato il processo opposto.
Intende dire effetti collaterali fiscali?
No, mi riferisco ad esempio all’impatto sulla stabilità finanziaria o sul conto economico delle banche centrali nazionali. Sono effetti collaterali che si possono prendere meglio in considerazione e che non erano così ovvi in quel momento.
L’Italia ha visto scendere l’inflazione sotto il 2% da un picco vicino al 12% due anni fa, e cresce in linea con la media europea. Tuttavia se da una parte il reddito reale disponibile è in ripresa, dall’altra gli investimenti risentono della politica monetaria ancora restrittiva e dalla politica sono arrivate nei mesi scorsi critiche alla prudenza della BCE. Come spiegherebbe alla politica e alle famiglie italiane la necessità di un approccio cauto nel ridurre i tassi, e come intende rassicurarle sulla transizione in atto da tassi d’interesse ancora restrittivi a una situazione più neutrale?
Partiamo dal presupposto di ascoltare tutte le opinioni attentamente e con mente aperta. La BCE e le banche centrali sono istituzioni indipendenti. Ma le istituzioni indipendenti devono mostrare un livello aggiuntivo di responsabilità e capacità di rendere conto.
Ai cittadini italiani ed europei direi che è importante essere cauti e prudenti. Abbiamo ridotto i tassi d’interesse e la traiettoria della nostra politica monetaria è molto chiara, ma il livello di incertezza è enorme e non possiamo fare errori. Ecco perché un approccio graduale sarà fondamentale nell’attuazione della politica monetaria.
Ma voglio rassicurare che le cose si stanno muovendo nella direzione giusta. L’inflazione è scesa in misura significativa. La maggior parte delle persone guarda perlopiù al livello dei prezzi che al tasso di inflazione. Ma alla fine i livelli dei prezzi sono la conseguenza dell’inflazione passata. Non possiamo ancora cantare vittoria, ma fino a questo momento abbiamo compiuto buoni progressi. E malgrado il rallentamento dell’economia, finora siamo riusciti a ridurre l’inflazione senza produrre una recessione nell’area dell’euro. Se si guarda al mercato del lavoro, la situazione resta positiva. Mi auguro quindi che nel medio periodo risulti più evidente che la situazione evolve nella direzione giusta.
Nella sua legge di bilancio, il governo italiano punta a ottenere un contributo di circa 3,5 miliardi di euro dal settore bancario mettendo mano alle attività fiscali differite (DTA). La BCE è stata consultata sul merito, e che orientamento si sta formando su questa misura?
In generale, la nostra valutazione riguardo alle imposizioni fiscali sul settore bancario emerge chiaramente dai pareri legali che abbiamo emesso sulle proposte formulate da diversi paesi. Siamo dell’avviso che le imposizioni fiscali non debbano pregiudicare la solvibilità delle banche o la trasmissione della politica monetaria nel senso di ostacolare il credito all’economia reale.
Nel caso specifico, non abbiamo ancora visto la versione definitiva della misura, per cui è difficile formarsi un’opinione. Ma mi auguro che la solvibilità sia uno degli elementi di cui si terrà conto. Questo sarebbe positivo dal nostro punto di vista.
A mio avviso, la versione precedente era equilibrata, ad esempio in termini di compatibilità tra entrate fiscali e solvibilità delle banche. Credo che sia stato l’approccio più equilibrato fra i molteplici adottati dai paesi europei che hanno applicato imposte sul sistema bancario.
Completare l’unione bancaria è uno degli obiettivi più urgenti per rendere più forte e competitiva l’Europa. Eppure un’operazione transfrontaliera come quella allo studio di Unicredit su Commerzbank è trattata come un tema nazionale in entrambi i paesi. Che lezione possiamo trarne, e perché un’operazione transfrontaliera fra banche europee fa ancora notizia nell’Europa del 2024?
Dato il ruolo del finanziamento bancario per l’economia reale, il completamento dell’unione bancaria dovrebbe rappresentare la priorità numero uno nell’agenda economica dell’Unione europea. Riconosco le complessità politiche, ma sarà molto difficile avere una vera unione economica e monetaria senza un’unione bancaria. E sarebbero importanti anche un maggiore coordinamento delle politiche fiscali, ad esempio attraverso uno strumento di bilancio comune, o i progressi verso l’unione dei mercati dei capitali.
Se vogliamo un mercato bancario unico, servono banche autenticamente paneuropee. Per questo motivo ritengo importante il consolidamento transfrontaliero del settore bancario. Non entro nel merito delle singole operazioni, ma a mio parere un approccio europeo dovrebbe prevalere su quelli nazionali. È così che dovrebbe procedere l’integrazione.
In ogni caso, la nostra valutazione di qualsiasi operazione di fusione e acquisizione si fonda sempre esclusivamente su criteri prudenziali e di solvibilità. Questo è il nostro principio guida, sulla base della legislazione e regolamentazione europea.
Il governo italiano ha espresso sostegno all’operazione di Unicredit su Commerzbank, che rafforzerebbe l’integrazione bancaria europea. Allo stesso tempo l’Italia è l’unico Stato membro a non aver ratificato la riforma del trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES), che rappresenta un elemento importante nel completamento dell’unione bancaria. Quanto è importante superare questo ostacolo?
Ho già parlato dell’importanza di far prevalere un approccio europeo su un approccio nazionale. Ma questo principio deve essere coerente da tutte le angolazioni e in ogni tipo di situazione. A mio avviso, un approccio pro-europeo all’integrazione dell’economia, del sistema bancario e dei mercati dei capitali dovrebbe prevalere per tutti gli aspetti in questione, inclusa la riforma del MES. La ratifica della riforma del trattato istitutivo del MES rappresenterebbe una chiara decisione pro-europea.
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