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La tragedia dell’orizzonte in Europa: la transizione verde e il ruolo della BCE

Intervento di Piero Cipollone, Membro del Comitato esecutivo della BCE, al Festival dell’Economia di Trento

Trento, 26 maggio 2024

È un grande piacere essere qui con voi.

L’incontro di oggi si colloca in un momento critico. A fronte delle gravi conseguenze del cambiamento climatico, dobbiamo agire con prontezza e cogliere al tempo stesso le opportunità economiche offerte dalla transizione verde.

Vorrei soffermarmi su tre aspetti importanti. Parlerò innanzitutto dei costi crescenti del cambiamento climatico e degli ingenti investimenti necessari per la transizione verde. Esaminerò poi le implicazioni per le banche centrali e il ruolo che la BCE può svolgere. Illustrerò infine come questo ruolo interagisce con l’azione degli altri responsabili delle politiche in Europa nell’affrontare le sfide future.

Il costo crescente del cambiamento climatico

Storicamente, l’impegno a combattere il cambiamento climatico è stato spesso ostacolato da quella che Mark Carney ha definito la “tragedia dell’orizzonte breve”: l’impatto del cambiamento climatico va oltre l’orizzonte temporale considerato rilevante da gran parte degli attori economici e dei decisori politici, riducendone l’urgenza di agire[1].

Siamo però oggi a un punto di svolta e non possiamo permetterci ulteriori ritardi perché la situazione sta cambiando rapidamente, soprattutto in Europa.

In tutto il mondo le temperature stanno aumentando più rapidamente di quanto sia mai successo. Nell’ultimo decennio si sono concentrati gli anni più caldi mai registrati, con temperature particolarmente estreme nel 2023[2]. L’accelerazione del cambiamento climatico è associata all’incremento della frequenza di incendi, di periodi di siccità, di ondate di calore, di uragani e tempeste; ha influenzato il degrado ambientale e la perdita di biodiversità[3].

L’Europa è al centro di questa trasformazione. In base al rapporto europeo 2023 sullo stato del clima, l’Europa è il continente che si riscalda più rapidamente al mondo, a un ritmo doppio rispetto alla media mondiale dagli anni ’80[4]. Dal 1980 al 2022 gli eventi meteorologici e climatici hanno causato perdite economiche pari a circa 650 miliardi di euro nell’UE. Nel 2022 le perdite annuali sono aumentate del 41%[5] rispetto al 2009.

Questo trend crescente delle temperature e dei danni connessi è quanto mai problematico. Infatti, le nostre economie non hanno ancora trovato il modo di allocare adeguatamente i rischi di eventi climatici negativi a soggetti idonei ad affrontarli, come emerge dalla bassa copertura assicurativa contro gli stessi. Secondo un rapporto congiunto della BCE e dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (European Insurance and Occupational Pensions Authority, EIOPA), solo un quarto delle perdite dovute a eventi meteorologici e climatici estremi è assicurato nell’UE[6]. La copertura assicurativa è ancora minore tra fasce meno abbienti della popolazione, che tendenzialmente posseggono abitazioni più esposte a rischi di catastrofi naturali e per le quali il costo della protezione, in rapporto al loro reddito, è più alto che per altri ceti sociali[7].

Malgrado il ruolo guida nella trasformazione a livello mondiale e i considerevoli sforzi compiuti finora, l’UE non si muove ancora su una traiettoria in linea con gli obiettivi climatici per il 2030 e il 2050[8]. Sono necessari altri interventi.

Il Network for Greening the Financial System (NGFS), che riunisce banche centrali e autorità di vigilanza che si dedicano a questioni climatiche in tutto il mondo, ha sviluppato alcuni scenari per valutare come potrebbero evolvere le economie in base a diverse traiettorie di politica climatica. Questi scenari evidenziano che per azzerare le emissioni entro il 2050 la quota dei combustibili fossili nel mix energetico dell’UE deve diminuire dal 73% circa del 2020 a circa il 20% nel 2050. Purtroppo le politiche attuali ci porterebbero ad un livello poco inferiore al 60 per cento (grafico 1, pannello a). Con le politiche attuali non si raggiungerebbe lo scenario delle emissioni nette pari a zero nel 2050. Anche se tutti gli impegni nazionali presi fossero rispettati, rimarrebbe un ampio divario (grafico 1, pannello b)[9].

Grafico 1

Mix di energia primaria dell’UE ed emissioni di gas a effetto serra dell’UE nei diversi scenari dell’NGFS dal 2020 al 2050

a) Mix di energia primaria dell’UE negli scenari delle politiche attuali e delle emissioni nette pari a zero entro il 2050

b) Emissioni di gas a effetto serra dell’UE negli scenari delle politiche attuali, dei contributi determinati a livello nazionale (NDC) e delle emissioni nette pari a zero entro il 2050

(percentuali del consumo totale di energia primaria)

(emissioni in Gt di CO2 equivalente l’anno)

Fonte: NGFS. I dati sono ricavati dal modello GCAM 6.0 NGFS, che copre l’UE27.

Note: scenario delle politiche attuali (current policies, CP) – ipotizza il proseguimento delle sole politiche attualmente in vigore, con conseguenti rischi fisici elevati. Scenario dei contributi determinati a livello nazionale (nationally determined contributions, NDC) – comprende tutte le politiche concordate, anche se non ancora attuate, che si traducono in obiettivi climatici moderati ed eterogenei e in un calo delle emissioni di CO2 che limitano soltanto a 2,6o C il riscaldamento globale. Scenario delle emissioni nette pari a zero entro il 2050 (net zero 2050, NZ2050) – ipotizza l’attuazione di rigide politiche climatiche e innovazioni, che limitano il riscaldamento globale a 1,5o C e conseguono emissioni nette di CO2 pari a zero entro il 2050.

Per contestualizzare la portata dell’azione necessaria, basti considerare gli investimenti indispensabili. La Commissione europea ha stimato che per raggiungere gli obiettivi dell’UE relativi alla transizione verde bisognerà investire altri 620 miliardi di euro all’anno tra il 2023 e il 2030 (grafico 2)[10]. È un importo pari al 3,7% del PIL dell’UE del 2023. A questi fabbisogni vanno aggiunti quelli connessi con la resilienza climatica, necessari per prepararsi agli effetti del cambiamento climatico ormai inevitabili[11]. Le temperature globali sono infatti su una traiettoria che supera di gran lunga gli obiettivi dell’Accordo di Parigi[12].

Grafico 2

Fabbisogno annuo di investimenti aggiuntivi dell’UE necessari a conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo per il 2023-2030

(miliardi di euro l’anno e percentuali)

Fonte: Commissione europea.

Note: fabbisogno medio annuo di investimenti indispensabile per raggiungere gli obiettivi stabiliti nell’ambito di varie iniziative dell’UE per la transizione verde in aggiunta agli investimenti storici (2011-2020).

Al momento stiamo quindi entrando nella prossima fase della “tragedia dell’orizzonte”. In passato, quando gli effetti sembravano lontani, non abbiamo investito a sufficienza, e quindi ora dobbiamo sostenere costi più elevati sia per fronteggiare l’impatto che i cambiamenti climatici hanno oggi sulle nostre economie, sia per gli investimenti richiesti a prevenire i danni futuri. E siamo esposti a un circolo vizioso, in cui l’economia si ritrova arenata in un ciclo continuo di gestione delle crisi, che riduce la possibilità di effettuare gli investimenti necessari alla transizione verde[13].

Ma non dobbiamo commettere errori: ritardare la transizione sarebbe più costoso. I risultati dello stress test top-down della BCE mostrano che i costi della transizione sono inferiori ai costi a lungo termine di un cambiamento climatico ininterrotto[14].

Implicazioni per le banche centrali

Questa situazione ha profonde implicazioni per il compito principale delle banche centrali di mantenere la stabilità dei prezzi[15].

Ne voglio citare alcune.

In primo luogo, le evidenze mettono in luce come le condizioni meteorologiche estreme, quali le estati insolitamente calde, possano incidere sia sul livello dell’inflazione che sulla sua volatilità. Ad esempio, secondo le stime della BCE, le temperature estreme dell’estate 2022 hanno fatto aumentare l’inflazione dei beni alimentari in Europa di circa 0,7 punti percentuali complessivamente su 12 mesi. Questi effetti potrebbero essere ancora più pronunciati in futuro, salendo all’1% nel 2035 e a quasi il 2% nel 2060 (grafico 3)[16]. Più in generale, il cambiamento climatico potrebbe aumentare la frequenza degli shock dal lato dell’offerta sempre più frequenti che, spingendo l’inflazione verso l’alto e la crescita economica verso il basso, sono più difficili da gestire, richiedono tempi di riassorbimento più lunghi e compartano gravi perdite di reddito e occupazione.

Grafico 3

Impatto delle ondate di calore sull’inflazione dei beni alimentari

(punti percentuali)

Fonte: Kotz et al. (2023).
Note: impatto stimato in base a un approccio di regressione panel globale, utilizzando prezzi mensili e dati climatici ad alta risoluzione. Si riporta la deviazione cumulata dell’inflazione dei beni alimentari dallo scenario di base dopo 12 mesi riconducibile alle temperature estreme da giugno ad agosto. Il grafico si basa sulla combinazione delle elasticità di un aumento di 1o C delle temperature con i risultati di 21 modelli climatici mondiali. Le temperature previste per il clima futuro di un’estate simile a quella del 2022 (ossia nell’estremità superiore della distribuzione delle temperature) sono ricavate dai risultati dei modelli climatici in uno scenario di emissioni ottimistico (“inferiore a 2o C entro il 2100” secondo il Representative Concentration Pathway (RCP) 2.6) e in uno scenario pessimistico (“effetto serra globale” secondo l’RCP8.5). Gli impatti potrebbero essere ridotti mediante un adattamento ambizioso a climi più caldi.

In secondo luogo, una transizione verde lenta amplifica l’impatto economico degli shock dell’offerta. L’Europa ha pagato cara la sua dipendenza dai combustibili fossili quando la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina ha provocato l’impennata dei prezzi dell’energia e dell’inflazione. Nell’insieme, l’incremento dei prezzi dell’energia e dei beni e servizi sensibili all’energia ha contribuito per circa 6 punti percentuali al livello dell’inflazione dell’area dell’euro quando questa ha raggiunto il suo picco di oltre il 10% nell’ottobre 2022 (grafico 4). Una maggiore disponibilità di energie rinnovabili avrebbe ridotto l’entità dello shock[17].

Grafico 4

Contributo delle componenti dell’inflazione complessiva misurata sullo IAPC dell’area dell’euro

Fonti: Eurostat ed elaborazioni della BCE.

Note: lo IAPC è l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Harmonised Index of Consumer Prices, HICP). L’HICPX fa riferimento all’inflazione misurata sullo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari e può essere scomposto nella componente dei beni industriali non energetici (non-energy industrial goods, NEIG) dello IAPC e nella componente dei servizi dello IAPC. Le voci sono classificate in sensibili all’energia e non sensibili all’energia a livello di sottovoci (COICOP5). Una voce dei NEIG dello IAPC e dei servizi dello IAPC è classificata come sensibile all’energia se la sua quota del costo dell’input energetico è maggiore della quota media del costo dell’input energetico per, rispettivamente, i NEIG e i servizi dello IAPC[18]. Ultima osservazione: aprile 2024.

In terzo luogo, oltre che sull’inflazione, il cambiamento climatico e gli eventi meteorologici estremi possono incidere anche sullo stock di capitale e sulla produttività del lavoro[19]. Ad esempio, in base ad alcuni studi, un aumento di 1 grado oltre i 25 gradi centigradi fa scendere la produttività di circa il 2%[20]. Il cambiamento climatico limita la crescita del prodotto potenziale e della produttività, e quindi il livello oltre il quale la crescita del PIL e gli incrementi dei salari reali possono diventare inflazionistici. Oltretutto, può influire in modo difficile da prevedere sul tasso di interesse naturale, ossia il tasso di interesse reale che non è né espansivo né restrittivo, rendendo più complessa la gestione della politica monetaria. Da un lato, infatti, i crescenti danni e la maggiore incertezza connessi al cambiamento climatico possono ridurre la crescita della produttività, far aumentare i risparmi a scopo precauzionale, e quindi comprimere il tasso di interesse naturale; dall’altro gli investimenti e le innovazioni indotti dalle politiche di transizione potrebbero avere un effetto positivo[21].

In quarto luogo, se non viene considerato correttamente, il cambiamento climatico comporta rischi finanziari per il bilancio della banca centrale. Una valutazione accurata di questi rischi è pertanto fondamentale per tutelare il bilancio della BCE[22].Allo stesso modo, i bilanci delle banche sono esposti a rischi finanziari simili, che, una volta concretizzatisi, possono avere un impatto sulla loro solidità e quindi sul meccanismo di trasmissione della politica monetaria[23].

Il ruolo della BCE

Cosa può fare la BCE nei limiti del suo mandato?

Creare il contesto adeguato

Le decisioni di politica monetaria della BCE sono guidate dal nostro obiettivo primario, ossia perseguire la stabilità dei prezzi, definita come un obiettivo di inflazione del 2% nel medio termine. Fatto salvo l’obiettivo primario, la BCE e le banche centrali nazionali sostengono le politiche economiche generali nell’UE, al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione. Vi rientra quindi il sostegno alla transizione verde dell’economia, in linea con gli obiettivi climatici dell’UE. Nell’affrontare il cambiamento climatico, teniamo conto sia del nostro obiettivo primario che del nostro obiettivo secondario.

Nel perseguire la stabilità dei prezzi, contribuiamo a un contesto macroeconomico stabile e prevedibile. Questo aspetto è essenziale per generare le risorse e gli incentivi necessari per la pianificazione e gli investimenti a lungo termine per la transizione verde.

Dobbiamo quindi intraprendere le azioni necessarie quando l’inflazione si discosta dal nostro obiettivo di medio termine. È quello che la BCE ha fatto a partire dal luglio 2022, contribuendo alla rapida discesa dell’inflazione dal suo picco del 10,6% dell’ottobre 2022 al 2,4% il mese scorso. Salvo ulteriori shock, ci attendiamo che nei prossimi mesi l’inflazione oscilli intorno ai livelli attuali, per poi diminuire fino a raggiungere il nostro obiettivo il prossimo anno. Con il venir meno degli shock dell’offerta si può finalmente tornare a perseguire contemporaneamente il calo dell’inflazione e l’aumento del tasso di crescita. I dati recenti vanno in questa direzione e rafforzano la nostra certezza nel fatto che potremo ridurre l’orientamento restrittivo della nostra politica monetaria. Pertanto, se da un lato le condizioni di finanziamento più stringenti hanno fatto aumentare temporaneamente il costo del credito, dall’altro lato hanno contribuito a tenere ancorate le aspettative di inflazione, ad accrescere la certezza nel suo rientro verso il nostro obiettivo e, di conseguenza, al minor costo del finanziamento di progetti a lungo termine per la transizione verde, che hanno anch’essi risentito temporaneamente del maggior costo del credito[24][25].

La stabilità dei prezzi è essenziale per favorire la transizione verso l’azzeramento delle emissioni perché permette a famiglie e imprese di individuare meglio le variazioni dei prezzi relativi e di tenerne conto nelle proprie decisioni. Sono necessari profondi cambiamenti dei modelli di consumo e delle tecnologie di produzione per conseguire lo scenario delle emissioni nette pari a zero e, pertanto, i segnali di prezzo sono fondamentali per stabilire i giusti incentivi per la transizione verde. Ad esempio, il recente picco dei prezzi dell’energia ha contribuito a una riduzione duratura dei consumi energetici e dell’intensità energetica dell’economia europea. La Commissione europea ha stimato che la domanda di gas naturale è diminuita del 18% nell’UE tra agosto 2022 e marzo 2024, superando l’obiettivo di riduzione del 15% fissato dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

In prospettiva, una questione fondamentale per la politica monetaria è come affrontare il rischio di shock dell’offerta più frequenti, i cui effetti sono amplificati dal cambiamento climatico e dagli insufficienti progressi nella transizione verde.

Le banche centrali potrebbero reagire rapidamente a fronte del realizzarsi di shock rilevanti, in grado di disancorare le aspettative di inflazione. Al contempo dovrebbero evitare eccessivi e preventivi inasprimenti delle condizioni monetarie finalizzati a prevenire i possibili effetti inflazionistici di shock che ancora non si sono manifestati. Eccessi di prudenza potrebbero essere controproducenti perché ridurrebbero gli investimenti in grado di migliorare la nostra capacità di tenuta a tali shock.

Integrare il cambiamento climatico nei nostri compiti

Oltre a creare il contesto adeguato nell’ambito del mandato della stabilità dei prezzi, stiamo integrando il cambiamento climatico nei nostri compiti istituzionali.

In primo luogo, stiamo agendo nell’ambito del nostro mandato di responsabili della politica monetaria; con il riesame della strategia della BCE condotto nel 2020-2021 abbiamo incluso considerazioni climatiche nel nostro assetto per la conduzione della politica monetaria[26]. Nell’ottobre 2022 abbiamo cominciato a orientare i reinvestimenti in obbligazioni societarie verso emittenti con prestazioni migliori sotto il profilo climatico[27]. Inoltre, i rischi finanziari legati al clima sono presi in considerazione nel riesame periodico degli scarti di garanzia[28]. Nel 2023 abbiamo anche iniziato a pubblicare, su base annua, l’impatto climatico del nostro portafoglio di obbligazioni societarie detenute sia per finalità di politica monetaria che non. Ci siamo impegnati a migliorare costantemente le informazioni che divulghiamo, con il progredire della qualità e della disponibilità dei dati, e ad ampliare la portata di queste informazioni agli altri portafogli di politica monetaria[29].

A seguito del recente riesame del nostro assetto operativo, abbiamo deciso di integrare considerazioni relative al cambiamento climatico nelle nostre operazioni strutturali di politica monetaria[30]. Inoltre, in futuro accetteremo in garanzia per le operazioni di rifinanziamento dell’Eurosistema soltanto attività negoziabili e crediti di imprese e debitori conformi alla direttiva in materia di comunicazione societaria sulla sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive). Infine, vogliamo limitare la quota di attività emesse da imprese con un’elevata impronta di carbonio nei pool di garanzie delle controparti non appena vi siano le condizioni tecniche necessarie[31].

In secondo luogo, oltre alle nostre misure di politica monetaria, stiamo intervenendo nell’ambito delle nostre competenze di vigilanza bancaria. In particolare, abbiamo adottato misure volte ad assicurare che le banche gestiscano i rischi climatici e ambientali. Sebbene negli ultimi anni le banche abbiano compiuto progressi su questo fronte[32], il lavoro da fare è ancora molto[33]. Le banche rimangono inoltre suscettibili di greenwashing[34] e continuano a concedere prestiti in misura sproporzionata ai settori con un'elevata esposizione al rischio climatico e alle famiglie ad alto tasso di emissioni[35].

In terzo luogo, stiamo cercando di ridurre l’impronta ambientale della nostra istituzione. Dal 2010 la BCE ha adottato un sistema di gestione ambientale certificato per le proprie operazioni. Negli ultimi dieci anni abbiamo abbassato il consumo di elettricità e riscaldamento per postazione di lavoro del 30% e del 49%, rispettivamente.  Per la produzione delle banconote utilizziamo solo cotone sostenibile al 100%; abbiamo vietato che i rifiuti della distruzione di quelle logore siano smaltiti in discarica. Per i sistemi di pagamento, teniamo conto degli aspetti ambientali nella progettazione dell’euro digitale. Prendendo come riferimento gli obiettivi di diminuzione delle emissioni, nel 2021 la BCE si è impegnata a ridurre l’impronta delle sue operazioni del 46,2% entro il 2030, partendo dalla situazione del 2019.

Infine, le nostre ricerche e analisi sul cambiamento climatico, condotte a supporto dei nostri compiti istituzionali, possono essere utili anche per altre politiche a sostegno della transizione verde. Ad esempio, contribuiamo attivamente al lavoro del Network for Greening the Financial System e offriamo consulenza sulla legislazione finanziaria come previsto dai trattati.

Di recente abbiamo fatto il punto sui progressi compiuti sinora (grafico 5). Il nuovo piano della BCE sul clima e sulla natura 2024-2025 ribadisce il nostro impegno ad agire, nei limiti del nostro mandato, per sostenere la transizione verde[36]. Continueremo ad attuare le misure già decise nei vari ambiti, ossia analisi macroeconomica, politica monetaria, vigilanza bancaria, dati relativi al clima e sostenibilità della nostra istituzione. In aggiunta, il piano definisce tre aree di interesse per il 2024-2025: gestire la transizione a un’economia verde, affrontare il crescente impatto fisico del cambiamento climatico e proseguire i lavori sulla perdita e sul degrado della natura. Queste aree guideranno le nostre attività esplorative e analitiche nei prossimi anni.

Grafico 5

Misure attuate dalla BCE per integrare considerazioni relative al cambiamento climatico nelle sue attività

Fonte: BCE.

Complementarità con altre politiche

Nonostante queste iniziative, è importante sottolineare che la responsabilità primaria di guidare la transizione verde spetta ai governi eletti, che dispongono di strumenti e poteri legislativi più diretti per avviare i cambiamenti necessari. Date le importanti complementarità tra queste politiche e la politica monetaria, la BCE è pronta a offrire il suo sostegno, con analisi tecniche e consulenza. Questa condivisione delle conoscenze rientra perfettamente nell’ambito del nostro mandato primario, in quanto queste politiche, mitigando i rischi climatici, consentiranno di rendere gli strumenti di politica monetaria più efficaci nel preservare la stabilità dei prezzi.

Vediamo alcuni esempi di queste complementarità.

Affrontare gli shock dell’offerta

In primo luogo, si possono menzionare le complementarità con le politiche finalizzate ad attenuare gli shock di offerta.

In particolare, le politiche che sostengono la diversificazione rispetto ai combustibili fossili e accrescono l’efficienza energetica rafforzano la resilienza della nostra economia agli shock derivanti dai prezzi delle materie prime energetiche, contenendo tra l’altro le pressioni inflazionistiche. I notevoli progressi tecnologici degli ultimi anni hanno migliorato considerevolmente l’efficienza delle tecnologie per sfruttare le fonti rinnovabili e ne hanno ridotto i costi. Ad esempio, tra il 2010 e il 2022 il costo della produzione di elettricità da impianti eolici offshore e onshore e da energia solare ha subìto un drastico calo, del 60%, 70% e 90% rispettivamente (grafico 6).

Grafico 6

Diminuzione del costo delle fonti rinnovabili di energia elettrica tra il 2010 e il 2022

(USD/kWh)

Fonte: Agenzia internazionale per l’energia rinnovabile (2023), “Renewable Power Generation Costs in 2022”, Abu Dhabi.

Nota: il costo delle fonti rinnovabili di energia è basato sui dati del 2022.

Parallelamente, gli sforzi volti a garantire l’approvvigionamento delle principali materie prime, a effettuare acquisti comuni o a sostenere l’innovazione per limitare la dipendenza da queste possono contribuire a ridurre la nostra esposizione al prezzo e alla disponibilità di metalli e minerali essenziali per la transizione verde come il rame o il litio.

Analogamente, le misure volte ad attenuare l’impatto su famiglie e imprese delle impennate dei prezzi dell’energia da combustibili fossili possono essere disegnate senza sopprimere il segnale di prezzo, che invece è fondamentale per incentivare la riduzione del consumo di combustibili fossili e la dipendenza da questi[37].

Attenuare l’impatto negativo del cambiamento climatico sulla produttività e sul prodotto potenziale

In secondo luogo, si possono richiamare le politiche finalizzate a contrastare gli effetti del cambiamento climatico sulla produttività e sul prodotto potenziale.

Il sistema per lo scambio di quote di emissioni (Emissions Trading System, ETS) è uno strumento fondamentale dell’UE a sostegno della transizione verde, in quanto incentiva di fatto il settore privato ad adottare tecnologie e processi più puliti. Questa misura ha contribuito non solo a ridurre le emissioni, ma ha stimolato anche l’innovazione nelle tecnologie verdi[38].

Le politiche a sostegno dell’innovazione e della diffusione delle tecnologie per le energie rinnovabili possono anche rivelarsi molto redditizie. In particolare, i progressi conseguiti nelle fonti energetiche rinnovabili, nello stoccaggio in batteria e nelle reti intelligenti stanno forse raggiungendo un punto di svolta oltre il quale la più ampia adozione e lo sviluppo di queste soluzioni incoraggiano la loro crescente diffusione, alimentando un ciclo di innovazione e investimenti in grado di autoalimentarsi[39]. A questo riguardo, vale la pena ricordare che l’integrazione del mercato europeo dell’energia, creando un’autentica unione dell’energia, consentirebbe di fruire dei benefici delle economie di scala e della diversificazione, con un incremento sia dell’efficienza che della resilienza.

Questo aspetto è importante anche per la competitività dell’Europa. Come per la digitalizzazione, la capacità di offrire tecnologie, prodotti e servizi all’avanguardia necessari per la transizione verde stabilirà chi saranno i vincitori e i perdenti di domani nella corsa della produttività globale.

Mobilizzare finanziamenti per coprire il fabbisogno di investimenti

In terzo luogo, va rimarcata la complementarità tra le politiche macroeconomiche che generano le risorse potenzialmente utili alla transizione e quelle finalizzate alla loro effettiva mobilizzazione in questa direzione.

L’UE assegna già un’ampia quota dei suoi finanziamenti a obiettivi verdi. Secondo i dati della Commissione europea, un importo di 578 miliardi di euro sarà destinato a sostenere l’azione per il clima nell’attuale programmazione finanziaria per il periodo 2021-2027, pari a circa il 33,5% del portafoglio complessivo. Lo strumento che fornirà il maggiore contributo è il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF), che rappresenta il 35% della dotazione complessiva dell’azione per il clima (grafico 7). Ma questo dispositivo è uno strumento provvisorio: quando giungerà a termine nel 2026, la dotazione finanziaria dell’UE per la transizione verde si ridurrà significativamente a causa del brusco effetto di discontinuità[40].

Grafico 7

Impegni del Quadro finanziario pluriennale della Commissione europea 2021-2027 e del Next Generation EU che contribuiscono all’integrazione delle questioni climatiche, in percentuale della dotazione totale dell’UE, per programma

(miliardi di euro e percentuali)

Fonti: dichiarazioni sulla performance dei programmi della Commissione europea ed elaborazioni della BCE.

Gli ulteriori sforzi per mobilizzare risorse finanziarie a livello UE potrebbero contemplare una ridefinizione delle priorità nel suo bilancio, un aumento delle risorse proprie, nonché la promozione di nuove iniziative di emissione comune di debito per finanziare investimenti in veri e propri beni pubblici europei, ad esempio reti e interconnessioni energetiche. Possiamo e dobbiamo imparare dall’esperienza maturata con gli strumenti esistenti per concepire strumenti efficaci[41].

Ma la maggior parte dei fondi per la transizione dovrà provenire da fonti di finanziamento private. Nell’area dell’euro il ruolo delle banche sarà essenziale nel sostenere gli investimenti e l’adozione di tecnologie verdi da parte di imprese e famiglie. Tuttavia, un obiettivo politico fondamentale dell’UE è l’ulteriore sviluppo dei mercati dei capitali[42], che potrebbero fornire finanziamenti specializzati e sostenere l’innovazione[43].

Il mercato dei prodotti finanziari verdi è cresciuto notevolmente negli ultimi anni[44], ma vi è ancora margine per ulteriori progressi. Enrico Letta, nel suo recente rapporto sul futuro del mercato unico, ha sottolineato la necessità di incanalare meglio i risparmi privati verso la transizione verde. Letta ha osservato che nell’UE ci sono circa 33.000 miliardi di euro di risparmi privati in conti correnti, che non sono pienamente utilizzati per colmare il fabbisogno di investimenti[45].

Convogliare meglio questi fondi privati potrebbe dare un notevole impulso agli obiettivi di investimento verdi dell’UE. A tal fine è essenziale compiere ulteriori progressi verso il completamento dell’unione dei mercati dei capitali. Su questo fronte, l’UE potrebbe anche valutare la possibilità di adottare misure mirate ai segmenti verdi dei mercati dei capitali.

Conclusioni

L’urgente necessità di combattere il cambiamento climatico non può essere enfatizzata abbastanza. Avremmo dovuto agire ieri, e non possiamo certamente permetterci di aspettare domani.

Il cambiamento climatico sta accelerando; ha implicazioni importanti per le banche centrali perché incide sull’inflazione e sull’esposizione agli shock dell’offerta, riducendo il prodotto potenziale e la crescita della produttività. Inoltre genera rischi finanziari per il bilancio delle banche centrali.

Siamo quindi a un bivio: possiamo scegliere di non agire e ritrovarci intrappolati in un circolo vizioso di continua reazione a crisi sempre più gravi, oppure possiamo attivarci e cercare di prevenire l’emergere di nuove crisi climatiche ed energetiche tramite politiche solide e coordinate.

La BCE è risoluta nel suo impegno a sostenere la transizione verde nell’ambito del suo mandato. Tuttavia, questo non è un compito che possiamo portare a termine da soli. È necessario lo sforzo collettivo di tutti gli attori in Europa. E anche noi, quale banca centrale, possiamo beneficiare di questi sforzi nel perseguire i nostri obiettivi.

Nello specifico, l’UE dovrà attuare politiche solide dal lato dell’offerta per affrancarci dai combustibili fossili, migliorare l’efficienza energetica e garantire la disponibilità delle principali materie prime. Per trasformare le nostre ambizioni in risultati tangibili, sono necessari investimenti considerevoli. Mettendo insieme le risorse europee e creando una forte unione dei mercati dei capitali, possiamo attrarre ingenti capitali privati e indirizzarli verso progetti sostenibili.

Il cammino che ci attende è arduo, ma l’Europa ha già dimostrato in passato di essere all’altezza della situazione, quando è necessario.

Grazie dell’attenzione.

  1. Carney, M. (2015), “Breaking the Tragedy of the Horizon – climate change and financial stability”, intervento presso Lloyd’s of London, settembre.

  2. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale, il 2023 è stato di gran lunga l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media globale vicino alla superficie di 1,45o C al di sopra dei livelli preindustriali.

  3. Organizzazione meteorologica mondiale (2024), “State of the Global Climate 2023”, marzo.

  4. Servizio relativo ai cambiamenti climatici di Copernicus e Organizzazione meteorologica mondiale (2024), “European State of the Climate report 2023”, aprile.

  5. Agenzia europea dell’ambiente (2023), “Economic losses from weather and climate related extremes in Europe”, ottobre.

  6. BCE-EIOPA (2023), “Policy options to reduce the climate insurance protection gap”, Discussion Paper, aprile.

  7. EIOPA (2023), “Measures to address demand side aspects of the natcat protection gap”, Staff paper, luglio.

  8. Ad esempio, la valutazione della Commissione europea del dicembre 2023 ha riscontrato che le misure contenute nelle proposte di piani nazionali per l’energia e il clima degli Stati membri non erano sufficienti a conseguire gli obiettivi dell’UE per il 2030 in termini di emissioni di gas a effetto serra, assorbimenti di carbonio, energie rinnovabili ed efficienza energetica (comunicato stampa). A gennaio 2024 il Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici ha rilevato la necessità di maggiori sforzi in tutti i settori per realizzare gli obiettivi climatici dell’UE dal 2030 al 2050, in particolare nei settori dell’edilizia, dei trasporti, dell’agricoltura e della silvicoltura (comunicato stampa).

  9. I dati sono disponibili qui. Le cifre si riferiscono allo scenario GCAM 6.0 NGFS.

  10. Questi investimenti dovranno aggiungersi a quelli storici, che per gli interventi climatici ammontavano solo a 477 miliardi di euro l’anno per il decennio 2011-2020.

  11. Vi è un’ampia gamma di stime relative a tale fabbisogno, comprese fra 35 e 500 miliardi di euro l’anno. Cfr. Banca europea per gli investimenti (2021), “The EIB Climate Adaptation Plan. Supporting the EU Adaptation Strategy to build resilience to climate change”.

  12. Cfr. United Nations Environment Programme (2023), Emissions Gap Report 2023: Broken Record – Temperatures hit new highs, yet world fails to cut emissions (again); and F. Elderson (2024), “’Know thyself’ – avoiding policy mistakes in light of the prevailing climate science”, intervento tenuto in occasione del Delphi Economic Forum IX, 12 aprile.

  13. In risposta alla recente crisi energetica, dovuta all’impennata del prezzo dei combustibili fossili, i governi hanno dovuto destinare quasi il 2% del PIL nel 2022 e nel 2023 a misure di attenuazione dello shock.

  14. Cfr. Emambakhsh, T. et al. (2023), “The Road to Paris: stress testing the transition towards a net-zero economy”, Occasional Paper Series, n. 328, BCE, settembre.

  15. Cfr. anche Lagarde, C. (2021), “Climate change and central banking”, intervento tenuto in occasione della ILF conference on Green Banking and Green Central Banking, 25 gennaio, e Gruppo di lavoro sul cambiamento climatico (2021), “Climate change and monetary policy in the euro area”, Occasional Paper Series, n. 271, BCE, settembre.

  16. Cfr. “The price of inaction: what a hotter climate means for monetary policy”, Il Blog della BCE, dicembre 2023.

  17. Per attenuare l’impatto del forte rincaro dell’energia elettrica, l’UE ha imposto un tetto temporaneo ai ricavi dei produttori con bassi costi marginali, come i produttori di energia rinnovabile. Cfr. Panetta, F. (2022), “La transizione energetica può generare una coincidenza divina?”, intervento tenuto presso l’Associazione bancaria italiana, 16 novembre.

  18. Per maggiori dettagli, Fagandini, B., Goncalves, E., Rubene, I., Kouvavas, O., Bodnar, K. e Koester, G. (2024), “La scomposizione dell’inflazione misurata sull’HICPX in voci sensibili ai beni energetici e ai salari”, Bollettino economico, numero 3, BCE, 2024 (disponibile in italiano nel sito Internet della Banca d’Italia).

  19. Cfr. Parker, M. (2023), “Gli effetti del cambiamento climatico sul prodotto potenziale”, Bollettino economico, numero 6, BCE, 2023 (disponibile in italiano nel sito Internet della Banca d’Italia); Bijnens et al. (2024), “The impact of climate change and policies on productivity”, Occasional Paper Series, n. 340, BCE.

  20. Heal, G. e Park, J. (2016), “Reflections—temperature stress and the direct impact of climate change: a review of an emerging literature”, Review of Environmental Economics and Policy, vol. 10, n. 2, University of Chicago Press; e Burke, M., Hsiang, S.M., e Miguel, E. (2015), “Global non-linear effect of temperature on economic production”, Nature, n. 527, pagg. 235-239.

  21. Cfr. Mongelli, F. P., Pointner, W. e van den End J. W. (2022), “The effects of climate change on the natural rate of interest: a critical survey”, Working Paper Series, n. 2744, BCE.

  22. Panetta, F. (2021), “Finanza sostenibile: trasformare la finanza per finanziare la trasformazione”, intervento di apertura in occasione del 50o anniversario dell’Associazione Italiana per l’Analisi Finanziaria, 25 gennaio.

  23. Cfr. F. Elderson (2023), “Monetary policy in the climate and nature crises: preserving a ‘Stabilitätskultur’”, discorso alla Bertelsmann Stiftung, 22 novembre.

  24. Recenti analisi hanno dimostrato che, se da un lato una politica monetaria restrittiva di solito inasprisce le condizioni di finanziamento e rallenta gli investimenti per tutte le imprese, inclusi gli investimenti volti a ridurre le emissioni di carbonio, dall’altro lato l’inasprimento della politica monetaria non implica tendenzialmente un peggioramento delle condizioni di prestito per le imprese verdi rispetto alle imprese non verdi. Cfr. Altavilla, C. et al. (2023), “Climate Risk, Bank Lending and Monetary Policy”, Discussion Paper, n. 18541, CEPR, 20 ottobre.

  25. L’Indagine della BCE sull’accesso delle imprese al finanziamento (Survey on the access to finance of enterprises, SAFE) conferma che oltre la metà delle imprese dell’area dell’euro considera gli elevati tassi di interesse un ostacolo agli investimenti futuri nella transizione verde. Per ulteriori informazioni sulle risposte alle domande ad hoc su investimenti e finanziamenti verdi nell’indagine SAFE, si rimanda a Ferrando, A., Groß, J. e Rariga, J. (2023), “Cambiamento climatico e investimenti e finanziamenti verdi delle imprese dell’area dell’euro: risultati dall’indagine SAFE”, Bollettino economico, numero 6, BCE, 2023 (disponibile in italiano nel sito Internet della Banca d’Italia).

  26. Cfr. “La BCE presenta un piano di azione per includere considerazioni relative al cambiamento climatico nella propria strategia di politica monetaria”, comunicato stampa, BCE, 8 luglio 2021.

  27. Il nuovo approccio è stato rafforzato quando nel marzo 2023 abbiamo iniziato a reinvestire parzialmente i titoli in scadenza. Cfr. “Decisioni di politica monetaria”, comunicato stampa, BCE, 2 febbraio 2023.

  28. Cfr. “ECB reviews its risk control framework for credit operations”, comunicato stampa, BCE, 20 dicembre 2022. Questi scarti di garanzia sono stati ritenuti sufficienti a proteggere dai rischi finanziari connessi al clima nell’ultimo riesame condotto a dicembre 2022.

  29. Come quelli del Programma di acquisto di titoli del settore pubblico (public sector purchase programme, PSPP), del terzo Programma per l’acquisto di obbligazioni garantite (third covered bond purchase programme, CBPP3) e delle altre attività nell’ambito del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP). Cfr. “ECB starts disclosing climate impact of portfolios on road to Paris-alignment”, comunicato stampa, BCE, 23 marzo 2023.

  30. Nello specifico, ogniqualvolta la BCE possa scegliere fra due configurazioni di strumenti altrettanto favorevoli al fine di mantenere la stabilità dei prezzi, essa prediligerà quella che meglio sostiene le politiche economiche generali nell’UE. Ciò implica che, se la BCE adegua la calibrazione degli strumenti, deve scegliere l’opzione in grado di accrescere la certezza nella plausibilità del suo percorso di decarbonizzazione, a meno che una valutazione della proporzionalità non dimostri che vi sono altre modalità meno intrusive per conseguire la stabilità dei prezzi. Cfr. BCE, “Modifiche all’assetto operativo per l’attuazione della politica monetaria”, dichiarazione del Consiglio direttivo, 13 marzo 2024.

  31. Cfr. “La BCE adotta ulteriori misure per integrare il cambiamento climatico nelle proprie operazioni di politica monetaria”, comunicato stampa, BCE, 4 luglio 2022.

  32. Cfr. Altavilla C., Boucinha M., Pagano M., Polo A. (2023), "Climate risk, bank lending and monetary policy”, CEPR Discussion Paper No. 18541.

  33. Ad esempio, le valutazioni di rilevanza e le analisi del contesto aziendale delle banche stanno diventando più solide rispetto ai dati segnalati inizialmente. Inoltre, le banche che non hanno effettuato un’adeguata valutazione di rilevanza sono state oggetto di decisioni di vigilanza vincolanti, che contemplavano fra l’altro l’eventuale imposizione di penalità di mora in caso di mancato rispetto dei requisiti. Cfr. Elderson, F. (2024), “Making banks resilient to climate and environmental risks – good practices to overcome the remaining stumbling blocks”, intervento tenuto in occasione della 331a riunione dello European Banking Federation Executive Committee, 14 marzo, e Elderson, F. (2024), “You have to know your risks to manage them - banks' materiality assessments as a crucial precondition for managing climate and environmental risks”, The Supervision Blog, 8 maggio.

  34. Cfr. Giannetti, M., Jasova, M., Loumioti, M. e Mendicino, C. (2023), “Green lending: do banks walk the talk?”, The ECB Blog, 6 dicembre; e Giannetti, M., Jasova, M., Loumioti, M. e Mendicino, C. (2023), “‘Glossy Green’ Banks: The Disconnect Between Environmental Disclosures and Lending Activities", Working Paper Series, n. 2882, BCE.

  35. Cfr. BCE/ESRB (2023), “Towards macroprudential frameworks for managing climate risk”, dicembre 2023.

  36. BCE, “Climate and nature plan 2024-2025”, gennaio 2024.

  37. Ad esempio, possono essere utilizzate agevolazioni fiscali orizzontali sia per compensare la perdita di reddito sia per smorzare il picco dell’inflazione complessiva.

  38. Cfr. Känzig, D. (2023), “The unequal economic consequences of carbon pricing”, NBER Working Papers, n. 31221, National Bureau of Economic Research, maggio; Hengge et al. (2023), “Carbon policy surprises and stock returns: Signals from financial markets”, IMF Working Papers, n. 2023/013, 27 gennaio.

  39. Cfr. “The Breakthrough Effect: How to trigger a cascade of tipping points to accelerate the net zero transition”, SYSTEMIQ, gennaio 2023.

  40. Nel 2026 diventerà operativo il Fondo sociale per il clima, che compenserà in parte la fine dell’RRF con una dotazione fino a 65 miliardi di euro nel periodo 2026-2032 a sostegno di misure strutturali e investimenti nell’efficienza energetica e nella ristrutturazione degli edifici, nei sistemi di riscaldamento e raffreddamento puliti e nell’integrazione delle energie rinnovabili, nonché in soluzioni di mobilità a emissioni basse e pari a zero.

  41. Per una trattazione delle proposte per migliorare il finanziamento della transizione verde nell’UE, cfr. Abraham, L., O’Connell, M., L. e Arruga Oleaga, I. (2023), “The legal and institutional feasibility of an EU Climate and Energy Security Fund”, Occasional Paper Series, n. 313, BCE, 2023; Arnold, M. N. G., Balakrishnan, M. R., Barkbu, M. B. B., Davoodi, M. H. R., Lagerborg, A., Lam, M. W. R. et al. (2022), “Reforming the EU fiscal framework: Strengthening the fiscal rules and institutions”, IMF Working Paper, n. 2022/014, 5 settembre; Monasterolo, I., Pagano, M., Pacelli, A. e Russo, C. (2024), “A European Climate Bond”, disponibile sul sito dell’SSRN, marzo.

  42. Cfr. Consiglio europeo (2024), “Riunione straordinaria del Consiglio europeo (17 e 18 aprile 2024) – Conclusioni”, aprile; BCE (2024), “Statement by the ECB Governing Council on advancing the Capital Markets Union”, 7 marzo; Lagarde C. (2023), “Una svolta kantiana per l’unione dei mercati dei capitali”, intervento in occasione dello European Banking Congress, Francoforte sul Meno, 17 novembre; e Panetta, F. (2023), “L’Europa deve pensare in grande per costruire la sua unione dei mercati dei capitali”, Il Blog della BCE, 30 agosto.

  43. Le ricerche condotte dagli esperti della BCE indicano che le industrie ad alta intensità di carbonio riducono più rapidamente le emissioni nelle economie dotate di mercati azionari più spessi, che facilitano l’innovazione verde determinando minori emissioni di carbonio per unità di prodotto. Cfr. De Haas, R., Popov, A. (2023), “Finance and Green Growth”, The Economic Journal, vol. 133, n. 650, febbraio, pagg. 637-668.

  44. Secondo i nuovi indicatori sperimentali della BCE sulla finanza verde, il valore del mercato dei titoli di debito sostenibili nell’area dell’euro è aumentato costantemente da circa 450 miliardi di euro all’inizio del 2021 a quasi 1.500 miliardi di euro oggi. Tuttavia, ciò rappresenta solo il 6,6% delle emissioni totali di titoli di debito.

  45. Letta, E. (2024), “Much More Than a Market: Speed, Security, Solidarity – Empowering the Single Market to deliver a sustainable future and prosperity for all EU Citizens”, Institut Jacques Delors, Francia, 27 aprile.

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